Francesco Martucci: le favole nere che finiscono bene

Ritratti, la nostra rubrica che vi racconterà alcuni dei pizzaioli più interessanti del panorama

Rubrica di Nunzia Clemente — 4 anni fa

Tim Burton insegna: le favole nere sono belle e finiscono anche bene. La vita di Francesco Martucci assomiglia ad una favola di Tim Burton, con una lietissima fine, almeno per noi che abbiamo possibilità di mangiare le sue pizze presso I Masanielli di via Giulio Dohuet.

Un po’ corrucciato, con l’aria da scienziato pazzo, molti tattoo addosso, per Francesco Martucci splendere così forte come splende ora non è stato semplice.

Lo accompagna un’aria di rigorosa – ordinata – trasgressione: il Martucci di oggi sa di essere il risultato complesso di una lunga palestra, difficilmente ripetibile. Ma andiamo con ordine.
Francesco inizia presto a bazzicare nell’ambiente pizzeria: per necessità, innanzitutto. Ma anche per una sorta di “fiuto” innato nei confronti della propria missione di vita. Si inizia dai pavimenti, dalle pulizie, ci si avvicina al banco. Suo zio, il pizzaiolo Franco Pagliaro della pizzeria “Al Solito Posto” di Caserta, è la figura di riferimento di questo lungo periodo da Apprendista Stregone. Lo zio Franco ha ha inciso così tanto sul Francesco uomo e pizzaiolo che una sezione del menù odierno è dedicata a lui, pizze di forte identità dove la tecnica non manca, riservatevi un assaggio.

Come nelle più belle storie, si parte da una pizzeria che è poco più che “una grotta”, eppure posso affermare di aver sentito Francesco che lì è stato felicissimo. In quegli anni, la pizzeria di Viale Abramo Lincoln conta una settantina di posti a sedere, e da lì il nostro gangsta tatuato non fa sfilare proiettili ma pizze, le pizze più belle di sempre a detta di alcuni. A dirlo, soprattutto la fila che si snoda fuori e che ora ha soltanto cambiato location.
Nascono pizze, a Viale Lincoln, che sono destinate a divenire nuovi classici: la Mani di Velluto, la Riccia di Mammà. Nomi divenuti familiari ormai agli appassionati, che ricordano subito: quella lì è un’opera martucciana.

Il successo arriva. Francesco, cambia, si evolve. Cambia nel fisico, si trasforma: ad una grande rivoluzione fisica, spesso si affianca un grande cambiamento mentale; in questo caso, una grande maturità. Nuovo Francesco, ma anche nuovo locale: nel settembre del 2017 si sposta nel bastimento di Viale Giulio Dohuet. Da lì in poi, il nostro Semola non si nasconde più nella sua caverna. Ad ottobre dello stesso anno, vince il campionato della pizza di Dissapore, ma non c’è bisogno di enumerare l’escalation di successi. Dietro la pizza, Francesco Martucci è – soprattutto – un uomo col cuore che batte per Caserta e la Casertana, due bambini ed una compagna, Lila, pasticciera in pizzeria: anche quest’ultima dovrebbe bastare per convincervi ad alzarvi ed andare a fare pellegrinaggio a Caserta. Lui sarà lì, ad ammaccare una ad una il migliaio di pizze giornaliero.

Francesco Martucci: la ricerca delle tecniche e degli ingredienti, in prima persona

Sulla pizza di Francesco Martucci si è detto di tutto. Del suo impasto, prima di tutto, progettato in ogni passaggio, che viene seguito in maniera maniacale con un processo collaudato e perfezionato ai limiti: lievissimo il crunch in superficie del cornicione, con la consistenza di zucchero a velo, digeribilità alta e godimento assicurato anche se la pizza è lasciata “a riposo”. Se per quanto riguarda il punto di vista impasto la perfezione è pressoché raggiunta, la questione topping pone davanti ad una selezione sterminata di possibilità. Ed anche di errori, dove si intravede chiaramente lo studio per evitarli.

Francesco, nella sua raggiunta maturità sa qual è il modo per creare pizze “emotive”, di stuzzicare il palato con declinazioni del disco di pasta nuove ed irriverenti: porre interrogativi, viaggiare, conoscere, assaggiare, mettere in pratica gli insegnamenti. Da queste esperienze alcune delle pizze più rappresentative del periodo di Viale Giulio Dohuet: cito, dall’ultimo menu estivo, l’Essenza di Gambero che vi porta nel mare, l’Assoluto di Cipolla con quattro consistenze, l’Esaltazione dell’amaro. Quest’ultima è un viaggio totalizzante in uno dei gusti più trascurati, se non ignorati, nel ramo pizza. Un pizzaiolo che agisce così non lo si può ignorare, né ora, né in un prossimo cyberfuturo fatto di pizza.

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