Elysium a Roma: la pizzeria “naporomana” che ci è piaciuta
La recensione di un locale giovane a conduzione familiare, a due passi da Piazza Navona
Recensione di Antonio Fucito — 2 settimane fa

Tocca ribadire con forza come Roma sia finalmente uscita da quella crisi di identità-pizza che l’ha contraddistinta per parecchi degli anni moderni, quelli che si possono associare all’esplosione della comunicazione sulle varie piattaforme. Una crisi sotterrata all’insegna di aperture che hanno ridato dignità alla pizza romana classica, ospitato versioni importanti di quella napoletana, alzato in generale il tasso qualitativo medio, anche nell’estetica dei locali e nel servizio che prima indubbiamente lasciavano – non di rado – a desiderare.
Diversi imprenditori, nel tentativo di intercettare entrambe le declinazioni, hanno dedicato un locale a ciascuna delle tipologie in veste classica o “moderna”; poi esistono anche le realtà singole oppure a conduzione familiare, quelle che ci credono in un mondo sempre più complesso in termini di costi da sostenere e di concorrenza, facendolo tra l’altro bene per quanto riguarda la pizza nel piatto.
Come nel caso di Elysium, che ha aperto da qualche mese proprio nella città capitolina a due passi da Piazza Navona e che, all’interno di un locale spazioso e aperto sia a pranzo che cena, propone una tipologia di pizza abbastanza peculiare, definita dagli stessi proprietari – Jenny Migliorelli e suo figlio Alessio Iaci – “naporomana”, un’accezione che in realtà ben si sposta col risultato nel piatto.
La realizzazione del prodotto è stata impostata dalla consulenza di Valentino Tafuri – 3 voglie Benevento, tra gli altri – mentre oggi al comando-pizza c’è Luca Russo.
Il cornicione è visibile ma poco pronunciato, esteticamente la pizza risulta accattivante come una napoletana di taglia L, mentre al morso c’è una croccantezza che vira verso quella romana, senza “grattare il palato” e tornando su sapori percepibili frutto di un ottimo amalgama tra impasto e condimento.
Il risultato è indubbiamente di qualità, piuttosto unico nel suo genere e interessante anche nei morsi più avanzati, visto che non si avverte particolare tendenza dell’impasto nel diventare troppo tenace oppure secco.
Il menu propone anche un po’ di cucina e un’ampia selezione di antipasti non solo fritti; la carta dei vini spazia su diverse tipologie e regioni, anche se la scelta potrebbe essere ancora più variegata soprattutto per i vini fermi. La pizzeria da il meglio di se invece nella selezione dei cocktail, con una corposa parte bar indirizzata ai momenti pre-pasto oppure ad eventi specifici che possono ben cozzare con gli spazi e le sale messe a disposizione da questo locale.
Tornando alla pizza, è sempre apprezzabile la scelta di offire più versioni della Margherita; la mia è ricaduta sulla Anni 80 (11€) che propone antico pomodoro di Napoli, fior di latte, parmigiano reggiano, pecorino romano, olio evo e basilico.

Tra le due scuole della Margherita con o senza formaggio grattugiato io mi trovo esattamente nel mezzo, l’importante è il risultato finale; in questo caso il sapore è generoso e piacevole, di pregio nel risultato complessivo considerando l’impasto.
La seconda prova è stata dedicato alla Non è cacio e pepe (14€), pizza che si trova tra quelle speciali ed è composta da provola affumicata a paglia, pepe di Sichuan, crumble di tarallo al pomodoro di Elysium, lardo di colonnata, fonduta di pecorino romano, gel al limone.

Questa interpretazione non sacrifica un ottimo sapore nel tentativo di rendere il morso più godibile e non pesante, al resto ci pensa poi la parte croccante del tarallo e una nota acida interessante data dal gel al limone. Insomma, si riesce a mangiare senza annoiare dalla prima all’ultima fetta.
Il trittico pizza si è concluso con la Salsiccia e Friarielli (14) qui proposta con crema di friarielli, salsiccia di Norcia, cime di friarielli alla napoletana, provola affumicata a paglia, frammenti di peperone crusco.

La rivisitazione di questa pizza storica sta prendendo sempre più campo al di fuori della Campania, vuoi per ovviare ad alcune note amarostiche non sempre apprezzate dalle persone – personalmente le adoro e le esigo – vuoi per contrastarne la conservazione in trasferta non solo quando si è fuori stagione. In realtà questa versione mette insieme i due mondi sopracitati, per un risultato anche in questo caso di gran livello al netto della nota amarognola che sarebbe potuta essere più percepibile.
A chiusura, dopo la prova di un babà tecnicamente privo di sbavature ma senza tratti distintivi, colpisce la presenza di alcuni specialty coffee che vanno ad arricchire l’offerta e soddisfare gli appassionati del fine pasto.
Roma rappresenta una piazza che offre una una miriade di opportunità a chi vuole fare qualità, viceversa sa essere dispersiva per gli appassionati e i turisti in cerca di una pizzeria di livello nella quale fermarsi a pranzo oppure a cena. Elysium ha tutte le caratteristiche per emergere e anzi ha diversi “attributi” che la posizionano tra pizzerie più interessanti da visitare nella città capitolina; il tempo dirà se riuscirà in questa impresa, sicuramente dopo la nostra prova non può che dirsi promossa con voti alti.
Cosa mi è piaciuto (+)
Impasto unico e identitario, di livello assoluto
Abbinamenti che non lesinano nel sapore senza sacrificare l’equilibrio tra gli ingredienti
Nel menu spiccano anche la parte cocktail e specialty coffee
Dubbi (-)
Qualità dei dolci e varietà dei vini un gradino sotto al resto
Locale dallo stile un po’ anonimo