Perché non sono più Direttore di The Best Pizza Awards

verso cose più grandi, nel rispetto della coerenza e dei propri valori

Rubrica di Antonio Fucito — 1 settimana fa

Quando sono stato contattato ad inizio anno da The Best Chef Awards per diventare direttore del progetto The Best Pizza, ci ho messo poco tempo a decidere di accettare. D’altronde il lavoro costante che sto portando avanti col mio editore NetAddiction, grazie a progetti quali ad esempio Di Pizza, PizzaCon e quello in Giappone, denota una volontà costante di raccontare questo mondo in maniera meritocratica, facendo tanto scouting in barba alla forza mediatica di una pizzeria oppure dei prodotti utilizzati. Col lettore finale sempre al centro del villaggio.

Questo ruolo mi avrebbe permesso di portare le mie conoscenze in un contesto internazionale, imparando al contempo nuove dinamiche e accrescendo con i colleghi le possibilità di creare una valida alternativa virtuosa in grado di accendere i riflettori sulle eccellenze gastronomiche della Pizza.

E così, dopo aver firmato un contratto triennale supportato inoltre da ottime condizioni generali, sono entrato in punta di piedi nel team per approntare le prime modifiche e capirne le dinamiche, in vista di un progetto di lungo corso. Da subito ho ricevuto numerosi feedback e domande da parte di pizzaioli e giornalisti sull’attuale funzionamento della classifica, basata unicamente su un panel esterno che decreta il risultato finale, ma con alcune falle che ho evidenziato come ad esempio il disequilibrio della distribuzione dei votanti, un algoritmo che punta sulla conoscenza limitata dei singoli anziché una meritocrazia complessiva e la mancanza di un intervento umano da parte di persone “sul campo” che conoscono bene le pizzerie e le dinamiche di questo mondo.

Ovviamente i cambiamenti avvengono per gradi, e per questa prima edizione lo scopo era più studiare la situazione e dare qualche valutazione da elaborare successivamente; mi sono concentrato quindi soprattutto sull’organizzazione dell’evento mondiale del 25 giugno a Milano, ed infatti troverete anche il mio zampino nel tema principale e nella maggior parte degli ospiti.
Dopo qualche settimana, però, ho notato alcune cose che cozzavano col ruolo per cui ero stato contattato. Più volte ho richiesto, infatti, di accedere per conoscenza alle votazioni e ai risultati che avrebbero decretato la classifica finale, così come ho chiesto di capire e creare una strategia per i social coerente per una guida internazionale. Più volte queste informazioni mi sono state negate, contrastando con forza il ruolo che mi era stato richiesto, quello di supervisionare tutte le fasi del progetto e poterlo sposare nella sua interezza come professionista.

D’altronde mi sono speso pubblicamente col mio modo di pensare – che può piacere o meno, sia chiaro! – in un progetto non creato in prima persona e quindi, abbracciando quella coerenza in cui credo fortemente, ho aperto una “crisi” perché sono venuti a mancare elementi fondamentali della mia figura: quello creativo e decisionale, ovviamente condivisi col team, assieme alla fiducia nel progetto.

Al di là dei retropensieri che possono sorgere o meno davanti ad un tale diniego, è diventato impensabile proseguire in tali condizioni: essere alla direzione di una classifica comporta il mettere in gioco la propria credibilità.
Ancora una volta sono convinto che sia fondamentale metterci la faccia, prendersi la responsabilità delle scelte e andare al di là dei soliti nomi in auge per la loro riconoscibilità mediatica. Insomma, c’è bisogno di mettere in campo l’esperienza – poi saranno i lettori a giudicare se autorevole o meno – nei confronti della community dei pizzaioli, che ancora di più degli chef non si risparmiano dal creare “fazioni” o farsi influenzare da produttori, scrittori e agenzie di comunicazione.

Ad oggi dal mio punto di vista The Best Pizza non pone l’accento sulle fondamenta di cui sopra, concentrandosi maggiormente su un’operazione di visibilità impreziosita da una copertina di pregio.
Ovviamente si tratta di due visioni differenti – nessuna è oggettivamente migliore dell’altra – di conseguenza ho scelto, e portato a scegliere, una strada differente.

I tempi sono maturi per scendere in campo con un progetto che nasca dall’esperienza maturata anche in questo caso, l’editore NetAddiction e testate come Garage Pizza e Dissapore hanno la forza economica e dei numeri per creare un percorso autonomo basato su trasparenza, firma visibile e responsabilità delle proprio scelte, avendo al contempo le spalle larghe per ignorare le pressioni che sempre ci saranno in questo settore. Un progetto di ampio respiro, aperto a collaborazioni virtuose (scrivetemi via mail o sui social!), indirizzato al pubblico che va in pizzeria e a creare valore per le pizzerie stesse, senza che si scateni una malsana competizione.

Ma questo sarà argomento per un prossimo editoriale, d’altronde quando si ottiene una batosta o si incassa una sconfitta, si può ripartire più forti di prima, creando cose ancora più grandi.

Viva la Pizza, Sempre!


Qui sotto c’è la puntata del Podcast “Lo Scassapizza” dedicata a questo argomento, su Instagram trovate la versione video.