Bella Napoli a Tokyo, una storia (con recensione) da raccontare

Tetsuya Ikeda realizza una pizza verace e saporita, senza virtuosismi inutili

Recensione di Antonio Fucito — 2 anni fa

Tetsuya Ikeda davanti al suo forno col Ripieno (Pizzeria Bella Napoli)

Le pizzerie in Giappone offrono una diversità di genesi e storie quasi invidiabile rispetto agli altri paesi, talvolta anche se confrontate a quelle italiane. Risulta estremamente formante capire da dove proviene la lavorazione specifica della pizza, quale è la storia del pizzaiolo – giapponese, italiano o di qualsiasi altra nazionalità – che ha deciso di investire la propria carriera sul disco di pasta, confrontandosi in un mercato che adora la pizza nelle sue molteplici declinazioni.

La storia di Tetsuya Ikeda di Bella Napoli è una di quelle che merita di essere raccontata, non solo perché interessante in chiave narrativa, ma perché è possibile assaporarla nella pizza che trovate nel piatto.
Nel 1992 scriveva di moda per una rivista giapponese e si è recato a Napoli per visitare e quindi recensire alcune sartorie. Invece c’è stato un colpo di fulmine anche per tutte quelle botteghe che popolavano e in parte popolano ancora la città partenopea, non ultime le pizzerie che emanano un profumo inebriante in ogni dove, nelle quali la pizza è frutto di una lavorazione fatta a mano e “ad occhio” per le quantità degli ingredienti utilizzati.

In seguito a tale innamoramento c’è stato un periodo di studio ed esperienza costante di pizzerie, tra le primissime le storiche Trianon, Da Michele e Ciro a Mergellina; oltre 20 anni fa poi è nata la pizzeria Bella Napoli nella zona di Koto, ad est di Tokyo, una delle prime che ho incrociato nel 2013 e da allora tappa fissa quando sono in Giappone.

Entrare in questo locale permette di rivivere una certa Napoli che fu, venendo avvolti proprio da quel magnifico odore di pizza cotta nel forno a legna, costruito sul posto con materiali di pregio da artigiani napoletani. Anche il locale richiama Napoli e la Campania degli anni 90, ed è stato progettato da un architetto napoletano che ha inviato i materiali con un container: ringhiere di Sorrento, battiscopa in pietra lavica del Vesuvio, infissi, perfino il bagno, tutto è stato costruito con elementi provenienti dalla Campania.

Ma arriviamo alla pizza, oggi Tetusya Ikeda impasta a mano e inforna in media circa 50 pizze a cena, realizzate con lievito naturale e con lunghe maturazioni garantite da una cella frigorifera che si attesta sul grado o poco più.
Il panetto è più piccolo di quelli a cui siamo abituati in Italia – circa 200-210 grammi – mentre i prezzi sono in linea con quelli di una città che importa da lunga distanza alcuni ingredienti e posiziona la pizza a livello di un piatto da ristorante, un po’ come il cibo giapponese “povero” da noi.

Questa la Margherita, al costo attuale di 1980 yen, circa 14 euro:

Margherita (Bella Napoli Tokyo)

Poi broccoli e salsiccia fatta in casa, mozzarella, tocchetti di prosciutto, pomodorini, parmigiano, basilico, olio d’oliva. Costo 2970 yen, circa 21 euro:

Broccoli e Salsiccia (Bella Napoli Tokyo)

E quella con prosciutto crudo San Daniele in quantità enorme, rucola e parmigiano, su base mozzarella. Costo 4620 yen, circa 32 euro:

Crudo e rucola (Bella Napoli Tokyo)

La pizza di Tetsuya Ikeda mi ha ricordato al morso quei sapori veraci che assaporavo anni fa, grazie ai quali si sentono perfettamente tutti gli ingredienti, dal pomodoro salato nella maniera giusta alla mozzarella gustosa fino ad un disco di pasta cotto egregiamente col supporto di una maturazione e lievitazione moderne.
Bella Napoli non si trova in zona centrale di Tokyo, ma merita assolutamente una visita: la pizza è davvero soddisfacente da mangiare, senza virtuosismi o lavorazioni chissà quanto elaborate, una tipologia di pizza che mette in connessione diretta il suo creatore e chi la mangia appena sfornata.

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