Crazy Pizza, la recensione: meglio di quanto mi aspettassi
la mia esperienza, e un editoriale sulle dichiarazioni di Briatore
Recensione di Antonio Fucito — 3 mesi fa
A cadenza assolutamente sostenuta i tormentoni travolgono anche il mondo pizza, alimentati dagli stessi pizzaioli e da chi è interessato a generarli per avere un ritorno mediatico istantaneo senza investire in corpose campagne di marketing.
Crazy Pizza ha aperto a Napoli – città mecca e casa madre della pizza – e via nuovamente col vespaio, indignazione e dichiarazioni provocatorie da parte di Flavio Briatore, in una maniera del tutto simile a quelle avvenute per la pizza con ananas di Sorbillo, che ho puntualmente provato al tempo.
Ebbene, proprio in concomitanza con l’apertura napoletana sono stato nella sede di Catania, che propone la stessa cifra stilistica delle altre sedi e un menu praticamente identico, al netto di tre ricette locali.
Devo ammettere di essermi approcciato a questo format con alcuni preconcetti, quelli di trovare una pizza mediocre e un format pacchiano, al di là dei prezzi alti ma comunque di dominio pubblico; ne sono uscito invece con una convinzione completamente differente, legata a pregi e difetti diversi rispetto a quelli che mi sarei aspettato.
Il locale è molto elegante, richiama il colore “mattone” presente anche in comunicazione e in generale propone finiture di livello, buona distanza tra i tavoli e una scelta di illuminazione che regala un’atmosfera elegante. Due grandi specchi dominano l’ambiente puntando al bancone pizza e al lato opposto della sala, mentre sulle pareti sono presenti fotografie di personaggi famosi intenti a mangiare pizza, livellate su una scala di grigi in modo da evitare uno spiacevole effetto “arlecchino”.
Il personale segue il posizionamento del format, dall’accortezza per il cliente – mi è capitato di osservare la cura verso alcuni commensali che avevano un cane e dei bambini – al cambio di posate alla pulizia eventuale del tavolo dopo ogni portata, fino al tipo di approccio rispettoso ed empatico.
Capitolo spettacolo tra i tavoli, quello tanto celebrato dallo stesso Briatore: luci soffuse e musica napoletana di sottofondo nel mentre che i pizzaioli girano per i tavoli facendo roteare dischi di gomma per pizza acrobatica, mentre i camerieri applaudono e consegnano dei bengala ad alcuni commensali. Niente di troppo “caciarone” in realtà, piuttosto in grado di strappare un sorriso quando si sperimenta la prima volta.
Arriviamo finalmente alla sostanza: la pizza mi ha ricordato quella che mangiavo anni fa quando andavo ad esempio a Roma per fare un giro turistico o andare al concerto del primo maggio, una sottile romana leggermente croccante che ospita gli ingredienti, in questo caso ovviamente declinata ai tempi moderni come lavorazione, e meno slegata rispetto alla farcitura. Ho avuto modo di avvicinarmi al banco pizzeria – dove c’erano due forni elettrici regolati su 300 gradi – e fare qualche domanda ai pizzaioli, che hanno affermato di utilizzato la farina manitoba e una piccola percentuale di lievito di birra. Flavio Briatore nelle sue dichiarazioni sommarie ha affermato come non ci sia utilizzo di lievito, ma sulla sua comunicazione e “ignoranza” riguardo l’argomento ci tornerò più avanti in questo articolo.
Ad ogni modo l’impasto ha il pregio di essere leggero e “scomparire” al morso in favore degli ingredienti, senza rilasciare sentori che affaticano e senza essere particolarmente slegato dal resto; la parte più croccante si trova ai bordi senza condimento, e non è nemmeno così pronunciata.
Ovviamente tutto questo si traduce in una mancanza di personalità in termini di sapidità e piacevolezza al morso, che lo relega ad un ruolo di supporto per quello che c’è sopra.
Le proposte del menu sono piuttosto classiche o richiamano comunque abbinamenti indirizzati ad un pubblico turistico, straniero o italiano che sia, come da foto in allegato; i prezzi rappresentano la grande pietra dello scandalo per gli amanti della pizza, seppur il locale abbia un posizionamento alto e gli ingredienti siano indubbiamente di qualità. Da segnalare come la sede di Catania abbia prezzi leggermente più bassi di quelle ad esempio di Napoli e Milano: la Margherita costa 14€ anziché 17€; la pizza più cara, quella col patanegra, 61€ in luogo di 68€, ben 7€ da reindirizzare verso un bicchiere di marsala.
Battute a parte, ho provato innanzitutto la Margherita, che propone salsa di pomodoro, mozzarella di bufala e basilico. Scordatevi i contrasti di acidità tra pomodoro e mozzarella oppure un sapore in grado di attivare tutte le papille gustative; detto questo, il risultato complessivo è più che accettabile grazie al grasso della bufala e il suo amalgamarsi con la salsa di pomodoro, una tendenza dolce spiccata che mi ha ricordato un piatto simile che si mangia in Campania, ovviamente da solo o col pane ad accompagnare.
La seconda pizza è stata la Norma, al costo di 23€ e disponibile tra le ricette locali: molto buona la crema di melanzane e la ricotta salata, con un gusto più pronunciato e soddisfacente supportato da ingredienti freschi e di qualità.
Dulcis in fundo, letteralmente, il Tiramisù (15€) che viene ultimato davanti agli occhi dei commensali da parte dei camerieri: di dimensioni generose, molto buono ed equilibrato nel sapore, un ottimo dolce classico.
La carta dei vini è piuttosto fornita ed esistono diverse proposte al calice che possono superare agilmente i 15€; per due pizze, due calci di vino, una bottiglia d’acqua, il tiramisu, un bicchiere di marsala e caffè, il conto complessivo è stato pari a 99€, che nelle sedi di Napoli o Milano sarebbe stato di circa 15-20€ in più.
Per gli amanti delle statistiche e dei numeri, direi che siamo sopra di un 30-40% rispetto ai prezzi che ho avuto modo di trovare in pizzerie che puntano molto sul locale, sul servizio e su ingredienti di qualità, al di là poi del risultato finale in combinazione con l’impasto, in questo caso non paragonabile a quello delle migliori pizzerie napoletane, italiane e romane.
Prezzi giustificati dall’esperienza complessiva? Ogni persona ha budget, esigenze e obiettivi differenti; nel mio caso in questa prima visita la curiosità del format, dello spettacolo di supporto e del prodotto complessivo hanno preso il sopravvento nel definire l’esperienza troppo costosa; giocoforza una seconda volta farei estremamente più fatica a spendere tale cifra in relazione alla qualità pura del prodotto e l’atmosfera-spettacolo che perde il senso di novità.
Chiudiamo questo lungo articolo con un’opinione legata alle dichiarazioni di Briatore, che ha definito l’impasto della pizza napoletana “un chewing gum”.
Pur non conoscendo l’imprenditore piemontese, è chiaro che tutte le dichiarazioni fatte al lancio di Crazy Pizza e in prossimità dell’apertura della sede di Napoli abbiano avuto un intento provocatorio per ottenere tanta comunicazione gratuita, partendo innanzitutto dagli indignati e passando per i pizzaioli fino ad arrivare a servizi televisivi. A questo aggiungerei la certezza di una profonda ignoranza sull’argomento impasti, lievitazioni e pizzerie di qualità, da parte di un imprenditore che pensa a fare business e di certo non acculturarsi o godere di una pizza di livello in quanto appassionato non mosso dall’ennesima attività imprenditoriale intrapresa.
Missione compiuta, purtroppo o per fortuna: avete visto il litigio con Gino Sorbillo sulla dichiarazione citata in precedenza, per poi vedere il nostro prode pizzaiolo presenziare all’apertura e “fare pace”?
È un mondo fatto di tanta comunicazione e visibilità, inutile farsi il sangue amaro e perdere il proprio tempo prezioso, sottraendolo ad un intento molto più nobile: scoprire pizzerie di qualità e vivere storie ed esperienze memorabili legate al a questo mondo, godendo di magnifiche pizze nel piatto.
Cosa mi è piaciuto (+)
Locale elegante, servizio di livello
Qualità degli ingredienti e ottima carta dei vini
L’idea della cena-spettacolo funziona la prima volta
L’impasto ha il merito di non fare danni e lasciare spazio ai condimenti…
Dubbi (-)
…ma anche il demerito di avere poca personalità e sostanza
I prezzi sono indubbiamente molto alti
Esaurito l’effetto novità della prima volta, lo spettacolo e la tipologia di format perdono tanto appeal
Qui sotto c’è il video-podcast “Lo Scassapizza” dedicato alla visita di Crazy Pizza, con immagini provenienti dalla serata, il podcast torna a cadenza settimana ed è possibile seguirlo, oltre che su queste pagine, su Apple Podcast, Spotify, Amazon Music & Audible, Google Podcast, Web Audio e RSS