Da Pozzuoli al Vomero, come è la neonata Raf Bonetta Pizzeria
Napoli città riscopre il crunch evoluto di un pizzaiolo studioso e visionario
Recensione di Antonio Fucito — 3 settimane fa
Quando si parla di impasti e dintorni, è impossibile non citare Raffaele Bonetta. Per anni l’ho visto studiare, provare, cambiare, evolvere. È uno di quei pizzaioli che non si accontentano mai, che vivono in simbiosi con il disco di pasta, che sperimentano cotture, stesure, consistenze per ottenere quel risultato non scontato del morso croccante, netto, definito, che poi si apre in una morbidezza all’affondo prima di lasciare spazio agli ingredienti.
Da pochi(ssimi) giorni Bonetta ha fatto un passo per lui importante, lasciando – a quanto pare definitivamente – Pozzuoli e aprendo la sua nuova pizzeria al Vomero, ovvero in uno dei quartieri “salotto” della città. Tra i soci di minoranza ci sono anche i proprietari delle mura che hanno ospitato diverse realtà in precedenza, tra le quali la “storica” pizzeria Rossopomodoro e la burgeria “social” Golocius; a breve dovrebbe aggiungersi anche il locale di Fuorigrotta, di fronte alla mostra d’oltremare, che rappresenta anche il quartiere dove Raffaele è cresciuto nella pizzeria di famiglia Ciarly.
L’ingresso del locale al Vomero è ampio, moderno, pensato. Sulla sinistra c’è una sala di degustazione, davanti due forni a gas, a seguire quelli elettrici per padellino e teglia. Non manca una postazione separata per il senza glutine, scelta non banale e indice di cura per le diverse esigenze dei commensali.
Sempre sulla destra, continuando, ci sono due ambienti su altrettanti livelli, che creano movimento e calore per un totale di oltre 100 coperti che in parte sono “incastonati” da una vetrata che affaccia sulla strada. Il risultato assolutamente di pregio dal punto di vista estetico e negli spazi a disposizione per i commensali e per la lavorazione.
Nella mia visita, avvenuta il giorno dopo l’apertura, ho riscontrare alcune criticità nell’organizzazione del locale, dal servizio ad una carta dei vini e del menu digitale incompleti.
Tutte cose risolvibili, ovviamente, ma la fretta o necessità di aprire prima di essere pronti al 100% su questi fattori necessiterà di un periodo di adattamento per la pizzeria e per i clienti.
Passiamo alla pizza la quale, durante la prova, è stata indubbiamente il piatto forte della serata.
La prima è stata una doppia cottura ad ospitare caciocavallo, pomodoro e pepe di sichuan. L’impasto era asciutto, croccante e della struttura importante, con il morso pulito e preciso, dal sapore pieno.
A seguire un trancio di pizza in teglia con funghi trifolati, tartare di manzo, cipolla, kefir e tartufo uncinato.
Anche in questo caso il risultato è stato ottimo per quanto riguarda l’impasto, con la pizza che complessivamente aveva una sapidità controllata e avvolgente.
Poi è arrivato il turno della pizza tonda “classica”, partendo ovviamente dalla Margherita, proposta al prezzo di 7,50€ con pomodoro San Marzano e fiordilatte di Agerola. Ancora una volta l’impasto era protagonista per consistenza, sapidità e scioglievolezza. Il sapore complessivo era piacevole, anche se ho riscontrato una lavorazione della mozzarella migliorabile, per resa e consistenza al morso.
La Vegeta (11€) è composta da crema di patate e mandorla, carciofo affumicato, chips di buccia di patata croccante, maionese di gambo di carciofo e tartufo nero.
Indubbiamente tra le proposte vegane più buone che ho assaggiato negli ultimi tempi, saporita senza eccedere in disequilibri e arricchita da una nota croccante.
Poi una tonda con carpaccio di zucca, fiordilatte e cavolo nero, un abbinamento più “conosciuto” e conservativo realizzato senza sbavature.
La parte salata si è conclusa con una trancio ad ospitare cinque tipologie formaggi, pellecchielle del Vesuvio e noci. Una pizza “ricca”, ben bilanciata dalle pacchetelle e con le noci a dare croccantezza.
La parte dolce è stata affidata ad un maritozzo con panna e cacao – morbido e goloso – e da una montanarina fritta (all’ischitana) con amarena e crema; nell’impasto c’era una piccola percentuale di crusca in grado di dare sapore e struttura al morso.
Ci sono ancora un po’ di cose da registrare nella nuova apertura di Raffaele Bonetta al Vomero: tempi di servizio, ritmo, rodaggio della sala, menu complessivo; viceversa il locale è già molto bello e ho riscontrato parecchi punti positivi per quanto riguarda gli impasti ottenuti dalla mano tecnica da parte del pizzaiolo, per finire con abbinamenti generalmente realizzati con dovizia di particolari.
Una piazza come il Vomero sarà sicuramente ricettiva davanti ad una proposta di qualità che si estende anche nella carta dei vini, curata da Manuela Chiarolanza, e nell’attesa che tutti i tasselli vengano messi al posto giusto.
D’altronde Raffaele Bonetta è un pizzaiolo studioso, metodico, curioso, determinato. Ha una sua firma, riconoscibile, e ora ha finalmente un palcoscenico centrale per esprimerla, con tutte le fortune e i rischi del caso da verificare nei prossimi mesi.
Cosa mi è piaciuto (+)
Impasti di livello assoluto
Ingredienti e abbinamenti generalmente indovinati
Locale di pregio
Dubbi (-)
Lavorazione della mozzarella meno convincente
Nella fretta/necessità di partire, ci sono ancora cose da registrare nel servizio e nel menu