Jago, quel cattivone, non avrebbe odiato le pizze di Fofò a Caserta
La recensione in questo nuovo percorso di gusto
Recensione di Amleto De Silva — 3 anni fa
Certo che ‘na pizzetta quel simpaticone di William (Shakespeare) avrebbe pure potuto piazzarla nelle sue tragedie, tanto per alleggerire la tensione: Ofelia avrebbe affogato pazzia e delusioni d’amore prendendo a morsi una pizza Margherita, il principe di Danimarca avrebbe distrutto tutti i suoi dubbi al solo profumo di una pizza Marinara e invece Otello?
Otello avrebbe placato la sua gelosia degustando con la sua Desdemona una bella pizza Provola e Pepe; tutto questo avrebbe evitato strepiti e tragedie con il risultato che il povero William sarebbe annato pe’ stracci…
Ma torniamo a noi perché l’Otello che ci interessa ha ben poco a che spartire con la gelosia, il pettegolezzo, gli intrighi e anzi si preoccupa di dispensare gioia e allegria con il suo instancabile ammaccare: le sue Desdemona si chiamano Margherita, Diavola, Capricciosa, Marinara, Napoletana e sono sulla bocca di tutti senza provare alcun sentimento d’invidia tra loro per quanto sono tutte belle e buone.
Per diverso tempo ho seguito il lavoro di Otello Schiavon attraverso siti che trattano e condividono la nostra comune passione. L’unica differenza è che lui le crea, le gestisce in cottura, le guarnisce con dedizione mentre io, più volgarmente, me le sbafo come se non ci fosse un domani. Contesti differenti con giudizi di “panza” (il mio) e di testa e di petto (il suo) ma che portano comunque la nostra mente a concentrarsi su cosa possa venire fuori dalla manipolazione di un panetto di pasta cresciuta di circa 260 grammi.
I panetti di Otello danzano tra bancone, forno e tavoli della pizzeria Fofò (acqua farina fuoco) in quel di Caserta, luogo principe per farne occasione di conoscenza assieme alla mia banda di degustatori di pizza.
Classica serata invernale di in un fine settimana nemmeno tanto affollato, ci viene riservato un tavolo abbastanza defilato e tranquillo, ottimo per capire cosa si va a gustare: s’inizia con la pizza Marinara così come vuole Caserta cioè con San Marzano, aglio, origano, olive nere, capperi, acciughe, basilico ed olio d’oliva. Sapore ottimo, il San Marzano – dolce al palato – fa da perfetta unione con gli altri ingredienti condividendone il gusto complessivo al morso, profumo eccellente.
Passiamo alla pizza Margherita che si gioca le sue carte in scioltezza: classica, vince morso dopo morso, rivelandosi sempre la SIGNORA delle pizze e mostrandoci le ottime intenzioni di Otello per come vuole farci felici in questa nostra degustazione.
Appena dietro l’angolo ci aspetta quella pizza Provola e Pepe ormai divenuta ospite fissa nelle nostre serate di pizza da quando ne abbiamo fatto conoscenza: quel suo gusto deciso con il pepe che avvolge l’affumicato della provola ci predispone a viaggiare verso sapori più decisi.
L’immancabile pizza Diavola con un leggero velo di tarallo napoletano sbriciolato ci fa da introduzione alla preziosa pizza Carabiniera diretta figlia della città di Caserta; la versione che ci propone Otello differisce nella concezione delle olive messe in polvere e non nella loro integrità è una bella cover di un pezzo di storia della pizza nata a Caserta nei lontani anni ’80 per mano del grande pizzaiolo Franco Pagliaro.
L’oliva mantiene anche così la sua forza anzi rende il boccone della Carabiniera più interessante con la presenza del gusto delle olive molto ben spiccato, davvero buona.
Decidiamo di concludere con la pizza al baccalà: confesso quest’altra insana passione. Assenza del pomodoro, la mozzarella di bufala ha il compito di mantenere e unire pomodorini semisecchi e gialli del piennolo contornati da olive nere, pinoli e capperi. A chiusura guarnizione sfoglie di baccalà ben cotto e di buona morbidezza.
L’impasto delle pizze di Otello è estremamente soffice ma, allo stesso tempo, ha quella giusta consistenza in grado di mantenere tutti gli ingredienti usati per la guarnizione, la quantità degli ingredienti e i loro sapori sono ben equilibrati dando al boccone nella sua completezza sia unione che distinzione dei vari ingredienti.
Poi c’è ovviamente tempo per scambiare quattro chiacchiere con Otello: “la mia prima volta in una cucina fu a 23 anni, ero aiuto ma rimasi incuriosito dalla semplice magia di quel disco di pasta che vedevo ammaccare con estrema maestria dai pizzaioli: fu amore a prima vista! Se oggi sono ancora qui ad ammaccare lo devo allo chef Paolo Bagnìni del ristorante Vignarella (San Leucio, Caserta) che mi ha sempre dato forza nel continuare. Da allora sono arrivati i miei giorni a La Fazenda (Caserta), i miei anni in una piccola pizzeria dove curavo ogni passaggio dall’impasto al servizio, i miei anni impegnativi da Pharina (Capodrise, Caserta); la gioia di essere stato chiamato da Francesco Martucci (I Masanielli, Caserta) a rinforzo della sua brigata: solo 6 mesi ma bellissimi e intensi. Ora da solo un anno da Fofò ma ho ancora quella percezione di essere sempre all’inizio proprio come quel detto popolare della vecchia signora che, benché novantenne, avesse ancora dentro la sensazione di imparare dalla vita.”
Tutto in linea, nulla da segnalare se non la certezza di avere di fronte una persona che ama il proprio lavoro scoprendone nuove sfaccettature giorno dopo giorno: a Otello per renderlo felice basta farlo giocare con acqua, farina e fuoco: poca roba ma riesce a combinare tanti bei “guai”.
Questa recensione fa parte della rubrica “I percorsi di gusto di Amjago” di Amleto De Silva, che comprende articoli esperienziali e molto personali in giro per le pizzerie di Roma, e non solo.