La recensione di Seu Pizza dopo la ripartenza

abbiamo provato la nuova-vecchia pizzeria capitolina appena dopo la sua ”rivoluzione”

Recensione di Antonio Fucito — 1 mese fa

Supercapricciosa (pizzeria Seu Pizza, Roma)

Dopo alcuni mesi di chiusura per lavori, l’insegna Seu Pizza Illuminati cambia pelle e diventa semplicemente Seu Pizza. Una scelta che ovviamente va ben oltre la sintesi del nome: rappresenta un’evoluzione del progetto di Pier Daniele Seu e Valeria Zuppardo, indubbiamente tra i protagonisti della nuova generazione pizzaiola italiana. Il locale, completamente rinnovato, mi è parso oggi il manifesto di un’evoluzione estetica e concettuale: meno “illuminato”, più maturo e raccolto.
Appena entrati si nota come la ristrutturazione abbia ridotto il numero dei tavoli e migliorato la disposizione generale, ridefinendo di fatto l’esperienza in sala. All’ingresso ora si trova un bancone dell’accoglienza che poi si dirama lateralmente fino alla parte cocktail, sulla destra (il precedente “in fondo” del locale) c’è il forno separato ma a vista; procedendo infine sulla sinistra si trova una sala privata per gruppi di massimo dieci persone.

L’atmosfera generale mi è sembrata più elegante e “austera” rispetto al passato. Dominano toni grigi e tende di velluto morbido a separare l’entrata e il contatto visivo con l’esterno; un’illuminazione soffusa invita alla calma e alla concentrazione sul piatto. Ho apprezzato anche la nuova spaziatura tra i tavoli, finalmente più ariosa, fino al tavolo di degustazione rialzato che funge da “occhio” sulla sala.
Non mancano in sala tocchi personali e citazioni pop care a Seu, come le tartarughe ninja e Astro Boy, spezzando la compostezza cromatica e regalando un po’ di colore complessivo, che si trova anche nella sala privata. L’insieme trasmette maturità e introspezione, anche se manca qualche guizzo di brillantezza nei dettagli dei tavoli o dei divanetti, quel tocco di energia che un tempo caratterizzava lo stile che fu.

I cambiamenti di Seu Pizza passano anche dal menu, ripensato in alcune delle sue fondamenta. Si nota da subito, infatti, la centralità data alla degustazione, con tre percorsi diversi per numero di portate e la possibilità del pairing con alcolici.
Il menu alla carta resta comunque disponibile e conserva la struttura classica, con fritti e antipasti, pizze tradizionali, le signature del pizzaiolo, alla pala e infine i dolci, grande pallino del precedente corso.
Da segnalare alcune scelte che rendono chiaro il posizionamento del locale: un costo aggiuntivo per il taglio della pizza e la richiesta minima di due portate per persona. Una politica che mira a mantenere un livello medio di spesa coerente con l’esperienza complessiva, evitando al contempo approcci “mordi e fuggi”.

L’inizio della prova è cominciata con le pizze in pala, nella fattispecie la Scrambled Egg (7,50€) realizzata con uovo strapazzato, cardoncello arrosto, parmigiano reggiano, mayo speziata; e la Porco Cavolo (sempre 7,50€) con cavolo nero ripassato, ciauscolo, fiocco della tuscia, mayo.

Entrambe le realizzazioni mi sono piaciute per un impasto friabile e giustamente croccante al morso. In particolare la prima aveva un sapore molto interessante e in grado di toccare diverse ricettori del palato, mentre la seconda era più “ruffiana” ma comunque ben realizzata.

Poi la pizza tonda, che condivide la stessa tecnica di lavorazione pre-chiusura ma che ha subito una riduzione di dimensioni complessive; un processo che ha contraddistinto fin dall’inizio anche la proposta di TAC, che abbiamo recensito qualche tempo fa sempre su queste pagine.

Tornando a Seu Pizza, e a differenza della precedente prova (a questo indirizzo) nella quale per dovere di cronaca il pizzaiolo-patron non era presente, non ho riscontrato sbavature nella cottura e nella struttura del cornicione, come sempre ben visibile per questa tipologia di pizza ma non preponderante rispetto al condimento.
Il risultato è stato un impasto che nel complesso ho trovato in linea con l’evoluzione generale: leggero, scioglievole, piacevolmente consistente al morso, in grado di lasciare correttamente spazio agli ingredienti.

La Margherita (12€) era realizzata con dovizia di particolari, arricchita da una spolverata di parmigiano che ne esaltava la sapidità. Nel complesso armoniosa, anche se avrei preferito una mozzarella di diversa consistenza e profondità aromatica: un dettaglio più o meno incisivo a seconda della propria sensibilità nei confronti di questo latticino.


Poi la Supercapricciosa (18€), realizzata con crema di olive nere, fior di latte, prosciutto cotto arrosto, carciofini arrosto, treccia di fior di latte, uovo barzotto, pomodorini semidry, crema di funghi, polvere di olive e mizuna corallo.
Questa versione era diversa rispetto a quella proposta da TAC, per quanto riguarda la lavorazione del pomodoro e la presenza del prosciutto cotto in luogo di quello crudo. Questo, suppongo, per adattarsi al diverso tipo di impasto e relativa sapidità, per un risultato che ho trovato assolutamente eccellente e bilanciato nei sapori complessivi, senza sconfinare in una quantità eccessiva di ingredienti.

L’ultima pizza tonda è stata “Valeria da Nonna” (18€) con polpette al sugo, pomodoro arrosto, fonduta di parmigiano, pecorino, battuto mediterraneo, basilico.

In questo caso si sfocia ovviamente nella golosità ma per fortuna non fine a se stessa, perché anche in questo caso le quantità erano giuste e il morso complessivo non era mai noioso, al contrario piacevolmente avvolgente.

Il comparto fritti continua a funzionare: panature asciutte, croccanti, morsi “leggeri”. Delle tre proposte provate, la Frittatina Broccolo e Alici (7€) è stata la più convincente, mentre la Vitello Tonnato meno incisiva come realizzazione complessiva. Il Seupplì (4€), infine, è un grande classico da queste parti ed era tecnicamente perfetto, col “vezzo” del pomodoro in superficie che può essere divisivo a seconda dei gusti.

La chiusura è stata affidata alla Millefoglie (8€) realizzata a partire dal pan brioche “appiattito” e “croccantizzato”, a racchiudere ricotta mantecata e visciole. Rispetto ai dolci provati da TAC – impossibile non fare paralleli soprattutto in ottica abbinamenti – mi è sembrata più bilanciata al morso nella parte salina, senza propendere troppo in quella zuccherina. Non è una “pizza dolce” in senso stretto, ma un riuscito esperimento a metà tra panificazione e dessert, coerente con la continua voglia di sperimentare.

Millefoglie (pizzeria Seu Pizza, Roma)

La ripartenza di Seu Pizza mi è sembrata centrata e consapevole, in grado di rispecchiare il percorso di maturità di Pier Daniele Seu e di tutti i collaboratori che fanno parte del progetto. Ho percepito una ricerca di coerenza e una visione contemporanea supportata da un ottimo servizio, forse a discapito di un pizzico di virtuosismo ed estro nel locale e nelle proposte del menu.
Ad ogni modo anche Seu Pizza, dopo TAC, è tornato al centro del villaggio come una delle espressioni più solide e raffinate della scena capitolina della pizza.

Cosa mi è piaciuto (+)
La ripartenza appare più coerente e centrata
Abbinamenti di livello assoluto
Impasti senza sbavature

Dubbi (-)
Meno estro sia nell’estetica del locale che nel menu
Prezzi da considerare alti soprattutto per gli abbinamenti classici e in relazione alle quantità complessive