Pizza Talent Show: recensione del nuovo programma sul digitale terrestre

Pizza Talent Show

Ogni tanto ci si prova a portare la pizza in televisione come “movimento” complessivo, al di là delle apparizioni singole in programmi nazionali che magari si avvalgono del pizzaiolo specifico per mostrare il nostro amato disco di pasta e catturare l’attenzione degli spettatori.
A tal proposito una nuova trasmissione si è affacciata su quello che una volta si chiamava piccolo schermo: Pizza Talent Show, in onda a partire dal 10 maggio alle 22.30 su Alma TV, canale 65 del digitale terrestre nato dalla fusione di Alice TV e Marcopolo.
Abbiamo guardato la prima delle quattordici puntate che mettono in competizione 30 pizzerie selezionate mediante casting a adesso giudicate da cinque maestri pizzaioli ben conosciuti all’interno del mondo pizza.

In realtà si tratta della seconda edizione dopo quella del 2017, alla conduzione e alla scrittura c’è sempre Alessandro Di Pietro, conduttore televisivo che abbiamo visto ad esempio su Linea Verde e Uno Mattina fino al 2013.
Ci è parso un po’ troppo superficiale, onestamente, sull’argomento: la trasmissione inizia con la dichiarazione erronea “la pizza napoletana diventata patrimonio dell’UNESCO” invece dell’arte del pizzaiolo napoletano, con un ritmo piuttosto blando che sembra più un “momenti salienti” di una cosa realizzata in diretta piuttosto che un prodotto esaltato in fase di montaggio.

La sigla iniziale canticchiata dedicata alla pizza fa tanto “vecchia scuola”, carine invece le presentazioni e le riprese dedicate a ciascuna pizzeria, che fanno vedere la location e il prodotto realizzato.
Vecchio stampo anche la suddivisione in nord-centro-sud con le casacche dedicate ai tre colori della bandiera italiana, banale la presenza della quota femminile (“la pizza è donna”) sotto forma delle tre madrine “di bella presenza” che vengono presentate solo per nome, a differenza di tutti gli altri protagonisti del format.

I cinque giudici sono Luciano Sorbillo, Stefano Callegari, Danilo Pagano, Luigi Stamerra e Fabio Sociani, apprezzati nel mondo pizza e dagli avventori più appassionati. Nella prima puntata però non hanno mostrato (*non gli è stato permesso dì mostrare) le proprie conoscenze sotto forma di giudizio tecnico delle pizze provate, limitandosi ad un paio di battute generiche su domanda del presentatore.

Poi ci sono gli sponsor, che giocoforza risultano fondamentali per sostenere la produzione di un programma di questo tipo, ma che talvolta sono un po’ forzati nella chiave di racconto della trasmissione. Come ad esempio nell’abbinamento pizza-vino illustrato dal sommelier Tommaso Caporale con le bollicine proposte dallo sponsor, introdotto da Di Pietro perché “la birra con la pizza non ci sta benissimo, sono lieviti su lieviti e potrebbe avere effetti non ideali”.
Precisando che i lieviti della pizza sono belli che andati con le temperature alla quale viene cotta, basta scegliere una birra che ne riesca a reggere le proprietà organolettiche, come indicato nel nostro articolo Pizza e Birra: cosa c’è da sapere sulle varietà brassicole e l’abbinamento.
Anche io personalmente preferisco l’abbinamento della pizza col vino, ma non c’è bisogno di mettere in cattiva luce un’altra “categoria” per esaltare meglio quella di propria preferenza o esigenza. La puntata si conclude con alcune immagini di preparazioni delle pizze e l’assaggio dei giudici, rimandando a quella successiva per la prima eliminazione.

Fa sempre piacere vedere operazioni che cercano di dare visibilità al mondo della pizza, e sarà così anche per le 30 pizzerie coinvolte in gara e soprattutto quelle che andranno avanti nella competizione. La realizzazione lascia molto a desiderare, tra strafalcioni legati alla narrazione di questo argomento e un format insipido e stereotipato, in grado di catturare poco l’attenzione e nemmeno educare un pubblico adulto o giovane che sia.

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