Quel profumo de I TIGLI di Simone Padoan: la mia Recensione
siamo stati da un peso massimo della pizza a degustazione
Recensione di Amleto De Silva — 1 anno fa
La domanda che segue già me la sono fatta e pure diverse volte.
La risposta la sapevo benissimo e mi dicevo “ma cosa altro dovrei aggiungere o stabilire che non sia stato scritto o detto in precedenza su I Tigli?”.
Bisogna avere la forza di tenere sotto controllo quelle “ansie” che potrebbero comunque metterti in difficoltà nel farti convincere a dire cose esplosive oppure inesatte.
“Se ti va di arrecare danno vai, fallo pure, poi li starai a sentire…” mi continuavo a ripetere mentre, seduto in quel treno ad alta velocità, sfrecciavo verso Verona.
E cosa ci azzecca Verona? San Bonifacio, tanto per essere precisi. Esatto, proprio quel San Bonifacio casa di Simone Padoan, indiscusso signore del lievito madre e sublime panificatore. Rotolando verso il Nord pensavo che, finalmente, avrei assaggiato le delizie che le mani di Padoan e la sua squadra fanno arrivare sulle tavole de I Tigli.
Tutto il viaggio con il sole in barba ai gufi che prevedevano pioggia, vento e tempesta; per essere fine ottobre fa addirittura caldo. In perfetto orario da Verona a San Bonifacio è un salto a piedi uniti, un sorso d’acqua, a passo svelto lungo le strade ed eccomi all’ingresso di un anonimo corridoio che mi separa dal feudo Padoan.
Semplicità e linearità negli arredi proiettano agli occhi di chi siede ai tavoli, Padoan e la sua banda di apprendisti stregoni che confezionano ed assemblano prelibatezze, protetti da un vetro perfettamente a vista.
Tutto si svolge sotto gli occhi di noi curiosi, con precisione chirurgica le guarnizioni fanno degna presenza su varie declinazioni di farine, impasti, cotture. La sala è avvolta da un silenzioso parlare, la precisione e la dolcezza del servizio ai tavoli predispone al sorriso durante tutto il percorso della degustazione.
Il benvenuto in tavola, lieve, è pulizia al palato per i bocconi che verranno di seguito: intrigante quanto delizioso.
La Margherita è Croccante con la salsa di pomodoro al forno, olio al basilico e burrata che si amalgamo dolcemente: un boccone che è devozione al nome e privarsene sarebbe sacrilegio.
C’è qualcosa in questa Baccalà che devia ogni pensiero, su quello spicchio di focaccia al mais il mantecato di baccalà a braccetto con i fagiolini al sesamo piccanti che si adagiano in attesa del morso: boccone saporitissimo, amo il baccalà in ogni sua declinazione.
La Capasanta si fa Carbonara ed il guanciale croccante la copre su una base di zabaione salato, fior di latte e fagiolini al grill: un boccone che a dispetto di ciò che può essere una carbonara in pura memoria è di una delicatezza eccellente. Sapori finissimi.
E Come se Fosse un Panino arriva in tavola pulled pork con cime di rapa e kefir di panna, il tutto a farcire un impasto che si scioglie in bocca.
Un salto in quel del Piemonte per assaporare meglio questa Tagliata di “Fassona” che tra fior di latte, spinaci e guanciale affumicato si aggiusta davvero alla grande: carne, carne, carne.
La Piccione al Forno in volo radente atterra tra i piatti: salsa di marasche, fondo di piccione, spinaci selvatici e fior di latte esaltano il sapore del boccone al punto tale da farmi piacere anche la carne del volatile in questione: non lo avrei mai pensato.
Per l’angolo del goloso è irrinunciabile il dolce e quell’”Idea di Rocher” davvero mi stuzzicava con cremoso alla nocciola (anche tritate), cialda di biscotto e spuma al cioccolato: Ambrogio, maledetto Ambrogio.
I Tigli sono una vera esperienza, irrinunciabile anche solo per comprendere la rivoluzione che Simone Padoan ha effettuato dal 1994 ad oggi diventando paladino di una nuova concezione di fare e mangiare pizza. I vari impasti hanno tutti una propria autonomia di vita e di sapore, le guarnizioni semplici o elaborate che siano sembrano addirittura pensate per fare da fulcro come esaltazione del sapore dell’impasto stesso.
La consistenza del morso mi ha lasciato davvero estasiato. Le creative guarnizioni e quindi gli abbinamenti sono frutto, senza alcun dubbio, di una grande tecnica ed esperienza sul cucinato.
Le pizze in degustazione variano in due formati: 4 (Cicchetto) ed 8 spicchi; pizze da condividere, da mangiare con le mani per poi leccarsi le dita, morso dopo morso, lentamente.
E se poi si ha la fortuna di poter scambiare delle idee, conoscere un po’ di storia del territorio, farsi in sincerità quattro chiacchiere con Simone Padoan allora anche un viaggio andata/ritorno in giornata sembrerà più leggero della peggiore indigestione. Da buon veneto, ha la limpidezza di un “bianchetto” bevuto con gli amici di una vita ed il perlage del miglior Cartizze dove le bollicine sono le sue parole numerose e persistenti: persona amabilissima.
Una giornata, una gita da ricordare con vera gioia. Quel treno che mi sta riportando a casa corre troppo velocemente a dispetto dei miei pensieri che sono fermi a San Bonifacio. Cosa potrei dire in più di quello che è già noto a tutti per quanto riguarda Simone Padoan?
”Ma no, tu scrivila la tua fesseria che poi li starai a sentire: e, guarda, si presenteranno tutti, ma proprio tutti!”.
Questa voce che ha offuscato la mia stanchezza tenendomi compagnia per tutto il viaggio, davvero maledetta…Intanto, dal finestrino, le luci di una Roma notturna mi stavano a poco a poco catturando.
(Voglio ringraziare la folle brigata che mi ha permesso di partecipare a questa giornata: Alberto Colella, Antonio Caldarelli, Vincenzo Consiglio, Aldo Bosso, Sergio Bosso)
Questa recensione fa parte della rubrica “I percorsi di gusto di Amjago” di Amleto De Silva, che comprende articoli esperienziali e molto personali in giro per le pizzerie di Roma, Caserta, Napoli e non solo.