8 marzo: l’ennesimo articolo sulla pizza e le donne?
Il contributo femminile al mondo pizza va ben oltre il lavoro dietro i banconi. E non c'è bisogno di sottolinearlo. Non oggi almeno.
Rubrica di Giuseppe A. D'Angelo — 3 anni fa
L’anno scorso aprii un articolo dedicato alle donne pizzaiole all’estero con una provocazione: forse è il caso di smetterla di approfittare della giornata dell’8 marzo per trattare l’argomento del ruolo di genere nel settore. Lo pensavo allora e lo penso ancora più che mai oggi a distanza di un anno: il tema della donna nel mondo pizza sta ormai scadendo nella banale retorica, e dovremmo cominciare a metterlo da parte.
Ma allora perché scriverci un pezzo anche quest’anno? Semplice, perché da modesto essere umano quale sono, sono anche pieno di contraddizioni, e allo stesso tempo penso anche l’esatto contrario della frase asserita sopra.
Confusi? No, è che semplicemente la vita non è fatta solo di bianchi e neri. Ci sono sfumature d’opinione, e questa scala di grigi è infinitamente variegata a seconda della persona che vi dirà la sua. Ognuna influenzata dalla propria visione del mondo, l’esperienza e, sì, anche il genere: tocca forse a me che sono maschio dire che non c’è più bisogno di dare spazio al tema? Magari no, ciò però non toglie che anche io abbia un mio pensiero delineato.
Vi faccio un esempio: l’altro giorno stavo andando con un amico e la sua compagna a intervistare una nota rappresentante del mondo della pizza fritta. Mentre discutevamo sulle domande da farle, lui ha proposto di chiederle cosa significasse essere una donna in un mondo come quello della pizza governato da uomini. Io ho storto un po’ il naso, sostenendo che la domanda fosse un po’ ridondante. Al che la compagna mi ha chiesto come mai, e io ho spiegato che secondo me si tende troppo a porre l’accento sul ruolo di genere paragonando sempre la professionista alla sua controparte maschile; in questo modo andando a implicare che una pizzaiola si debba sempre misurare nei confronti dei colleghi maschi, e così facendo non si valorizzi il suo lavoro. La sua risposta è stata “ma io credo che invece si valorizzi ancora di più, se emerge in un mondo di soli uomini, e questa cosa vada risaltata”. E io, “forse, ma il mondo della pizza fritta in realtà è governato da donne”.
Chi aveva ragione tra di noi? Tutti e nessuno. In realtà abbiamo espresso ognuno una propria opinione basata su tanti fattori che vanno anche oltre quelli che avete letto in questo dialogo. E la chiave è proprio questa: il dialogo. Parlare per l’ennesima volta di donne nel mondo pizza in questa giornata sarebbe fine a se stesso, se non fosse che in realtà ci permette di gettare lo sguardo su realtà più ampie.
Se infatti in passato stilare un elenco di pizzaiole era sicuramente un ottimo modo per fare un punto della rappresentanza femminile ancora troppo inferiore in percentuale rispetto agli uomini, oggi credo sia un esercizio futile. Perché il numero di professioniste cresce a vista d’occhio, soprattutto tra le nuove generazioni. Il livellamento tra le parti è sicuramente ancora lontano, e forse non è detto che avverrà mai, anche perché non c’è scritto da nessuna parte che una determinata categoria professionale debba per forza avere un numero equiparato di uomini e donne. La cosa importante è che non si frappongano ostacoli all’inserimento in questo settore, e la realtà è che non ce ne sono (perlomeno, tra le decine di pizzaiole con cui ho parlato nessuna ha mai lamentato discriminazioni di genere in Italia); anzi, oggi come oggi aumentano sempre di più le opportunità di formazione.
Detto questo, però, rimane il fatto che la giornata di oggi viene celebrata per un motivo. Ed è quello di fare il punto su altre problematiche di genere che affliggono le donne, e di cui fortunatamente non ci si limita a parlare solo oggi, ma allo stesso tempo forse non se ne parla mai abbastanza. Per questo motivo, anche la pizza può essere veicolo culturale per gettare sempre una luce sul tema del ruolo della donna nella società.
Ad esempio, un’iniziativa molto carina nata su Instagram l’anno scorso, e rilanciata quest’anno, è quella dell’hashtag #womenspizzamonth: un mese intero, quello di marzo ovviamente, in cui chiunque può sfornare una pizza e dedicarla a una donna, che sia una persona nella sua vita o anche un personaggio storico o pubblico che abbia funto da ispirazione. L’iniziativa, ideata dalla pizzaiola casalinga di New York Christy Alia, è stata accolta con molto favore soprattutto dalla community di pizza fatta in casa, proprio nell’anno in cui questa continuava sempre più a crescere e consolidarsi dopo il boom della pandemia.
E c’è da dire che gli Stati Uniti vedono numerosi esempi di donne pizzaiole che emergono dietro al bancone. Ancora troppo poche, però, quelle che fanno il salto e diventano imprenditrici. Ce lo ricorda Miriam Weiskind, con la sua storia davvero significativa: al momento, è infatti impegnata in una campagna Kickstarter per raccogliere i fondi e aprire la sua pizzeria a New York, che diventerebbe l’ottava gestita da una donna. Miriam ha cominciato a respirare pizza a tempo pieno accompagnando gruppi di persone in giro per le migliori pizzerie della Grande Mela per conto di Scott’s Pizza Tour, per poi cominciare a formarsi come pizzaiola alla pizzeria di Paule Gee. Quando il lockdown ha colpito la città, ed è rimasta disoccupata, incoraggiata dalla madre Miriam ha continuato a sfornare pizze da casa e regalarle alla gente del suo quartiere che avessero perso il lavoro. Poco dopo, però, la madre di Miriam è stata vittima del Covid. Da allora, la pizzaiola ha sfornato ogni singola pizza in memoria di sua madre, ha continuato nella sua opera comunitaria che ha attirato l’attenzione di sponsor e giornalisti, e oggi aspira a concludere la sua campagna Kickstarter.
Miriam non è comunque da sola: come lei, ci sono tante altre donne pizzaiole negli Stati Uniti che fanno rete e portano avanti il loro lavoro anche per azioni comunitarie di questo tipo. Tanto da essersi unite in un’associazione, chiamata Women in Pizza, che raduna diversi nomi noti nel paese. Tra queste la nostrana Giorgia Caporuscio, titolare della pizzeria Don Antonio di New York. E, sempre nella Grande Mela (non stupiamoci, per quanto riguarda il numero di pizzerie si tratta della Napoli americana), Nicole Russell è stata scelta come protagonista per una trasmissione tutta dedicata alla competizione, in chiave ironica, tra pizzaioli: Pizza Wars, prodotta dal popolarissimo canale YouTube First We Feast.
Ma tornando in Italia, qual è la situazione? Incoraggiante, se si pensa che una trasmissione come PizzaGirls, dopo la sua prima stagione, ha ricevuto numerose candidature da parte di tantissime pizzaiole amatoriali e professioniste per poter partecipare (ne parliamo in questa intervista con il regista Carlo Fumo). E sottolineo nuovamente un fenomeno già evidenziato in passato: si tratta forse di una comunità più silenziosa, meno impegnata a pubblicizzare le proprie creazioni con campagne di marketing o sui social, ma più intente a dedicarsi all’arte bianca pura e semplice.
Al di là di tutto, non è che l’interesse si limiti necessariamente solo agli impasti. Ci sono molto donne che hanno dedicato il proprio lavoro alla pizza anche in maniera trasversale. C’è chi, come la sommelier Manuela Chiarolanza, è stata scelta da pizzaioli come Franco Pepe e Diego Vitagliano per nutrire le loro cantine in abbinamento alle proprie creazioni. E che dire invece di chi ha scritto tomi di ricerca sulla storia o addirittura la scienza della pizza? Nell’edizione rivisitata di Pizza – Una storia napoletana, lo storico Antonio Mattozzi ha avuto il supporto della figlia Donatella. Così come il libro scientifico La Pizza Napoletana è stato scritto a quattro mani dalla professoressa Annalisa Romano e il professor Paolo Masi (anzi, sei mani, visto il contributo di Enzo Coccia).
C’è molta più rappresentanza femminile nel mondo pizza di quanto ci possiamo aspettare. I nomi riportati in questo articolo sono solo la punta di un iceberg molto più vasto e che sicuramente continuerà a ingigantirsi. Ribadisco però il mio concetto iniziale: questa presenza non va sottolineata per la sua unicità, quanto per il contributo che apporta al mondo pizza. Un contributo che non necessita di riconoscimenti speciali in giornate dedicate, e che fortunatamente siamo in grado di valorizzare costantemente. La passione per la pizza non conosce genere.