Si torna in pizzeria, ma solo all’aperto: che cosa ci può insegnare l’esperienza UK?
Nel Regno Unito si può mangiare all'esterno già da tempo e i pizzaioli ci raccontano gli effetti che ha avuto sul loro lavoro
Rubrica di Giuseppe A. D'Angelo — 4 anni fa
Dal 26 aprile quattordici regioni italiane sono tornate in zona gialla, dopo il terzo lockdown nel giro di un anno. O il quarto, o il quinto… in realtà il balletto cromatico che si è avuto dallo scorso autunno non ha mai seguito un andamento così lineare da poter identificare un periodo di chiusura collettivo. Basti guardare al caso atipico della Sardegna, prima regione a tornare bianca, per poi volare direttamente in zona rossa proprio mentre l’Italia stava riaprendo.
Questo è però il primo periodo dopo lungo tempo in cui gran parte dell’Italia si ritrova di nuovo a riaprire tutte le attività, in vista anche dell’arrivo della bella stagione (che però se la sta prendendo davvero comoda). C’è però una differenza sostanziale rispetto alla precedente zona gialla: si potrà mangiare solo all’aperto, sia a pranzo che a cena, e il coprifuoco rimane invariato. Per cui i ristoranti dovranno chiudere alle 22.
Il motivo è da ricercarsi negli studi dell’ultimo periodo, che hanno dimostrato che il Coronavirus non si propaga solo grazie a quelle famose goccioline di saliva che emettiamo dalla bocca e che cadono a terra nel giro di 2 metri (da cui il rispetto della distanza di sicurezza); ma molto probabilmente anche via aerosol, con particelle di saliva che restano nell’aria anche per molto tempo e possono essere veicolo di contagio tra persone che non hanno avuto contatti. Un rischio che si corre maggiormente in ambienti chiusi e non areati, dove si resta con il volto scoperto e la bocca in movimento per molto tempo: ovvero i ristoranti. Ecco perché l’obbligo di mangiare solo all’esterno, in quanto è molto più facile disperdere le particelle contagiose al vento.
Un paese dove sono già state applicate le riaperture con queste restrizioni è il Regno Unito: nonostante una massiccia campagna di vaccinazioni, che ha consentito l’immunizzazione di più di metà della popolazione, il governo ha deciso di andarci cauto, permettendo alle persone di ritornare a svolgere vita sociale fuori a ristoranti e pub (e senza coprifuoco serale).
Mi sono interrogato su quanto effettivamente questa decisione abbia impattato da quelle parti sull’economia della ristorazione, in modo da poter guardare alle ultime due settimane in UK come una sorta di anticipazione di quello che potrà avvenire in Italia. Fermo restando che parliamo comunque di due paesi che anche in questo business differiscono sotto molti punti di vista, ma le somiglianze possono darci comunque un’idea di quel che verrà.
Ho chiesto quindi a diversi ristoratori che lavorano nel settore pizza di raccontarmi la loro esperienza.
Il primo a smorzare gli entusiasmi è stato Pasquale Chionchio, che assieme ad Angelo Emmanuele Ambrioso gestisce il popolare gruppo di pizzerie Santa Maria, con all’attivo quattro ristoranti (più un quinto in arrivo) in diverse zone di Londra. “L’apertura scaglionata è buona a metà. Da una parte ha favorito chiunque abbia spazi fuori (che sono per lo più compagnie grosse o pub), dall’altra ha contribuito a calare le vendite dell’asporto e delivery. Di buono sicuro c’è stato che ha dato una parvenza di ritorno alla normalità, complice il bel tempo, che qui in UK vuol dire giornate senza piogge, visto che le temperature non hanno mai superato i 16 gradi”.
“Da un punto di vista psicologico è stato un bell’incentivo per il morale. Telegiornali e social media hanno però mostrato delle immagini fittizie, come se tutta Londra si fosse riversata in strada. Certo, il lunedì e il primo weekend di riapertura c’è stato il panico un po’ dovunque, ma venivano mostrate sempre immagini di Old Compton Street (strada del centro londinese ricca di ristoranti, ndr), è chiaro quindi che la città apparisse sempre piena. La realtà era leggermente differente: il pienone era comunque concentrato in determinati giorni. Il resto delle serate erano quasi normali, complice le temperature non ancora estive”.
Una situazione del genere mi è stata confermata anche da Nicola Apicella, titolare insieme a Matteo Speziale della piccola pizzeria Oi Vita A Canonbury, quartiere di Londra nord: “Non potendo mettere tavoli fuori noi non abbiamo visto cambiamenti. C’è di buono però che non sono calati ordini di asporto e delivery: anzi, complici le belle giornate gli ordini takeaway sono anche aumentati, perché la gente comprava la pizza per poi andarsela a mangiare al parco. Ma quella che aspettiamo davvero è la riapertura del 17 maggio”.
Chi invece ha potuto godere di spazi all’aperto ha visto il vantaggio determinato dalle belle giornate. Giacomo Guido, titolare di Stile Napoletano a Chester, mi racconta: “È stato un boom più forte di prima: siamo pieni tutti i giorni con file fuori nel week end. Ovviamente questo riguarda chi ha disponibilità di spazio esterno e fortunatamente noi siamo riusciti ad ottenerlo, sfruttando anche lo spazio del locale accanto che ha deciso di riaprire direttamente il 17 maggio”.
Lo stesso mi dice Alberto Mombelli, che gestisce le due pizzerie Basilico a Manchester: “Ad uno dei nostri due locali stiamo lavorando con servizio al tavolo all’aperto e, grazie anche ad un timido arrivo della primavera, il lavoro è incrementato. I nostri clienti hanno tanta voglia di uscire di casa, mangiare una buona pizza in compagnia di amici e parenti. Al secondo locale, dove non abbiamo uno spazio all’aperto, stiamo comunque lavorando bene. Consegniamo pizze a casa dei nostri clienti, nei parchi ed anche in quei bar e pub con tavoli all’aperto ma senza offerta di cibo”.
Non solo ristoranti, però. La gastronomia nel Regno Unito ruota anche molto attorno ai mercati di street food. Questi, però, non sono stati davvero danneggiati dall’ultimo lockdown, in quanto sono stati ritenuti un business essenziale. Ce lo aveva già raccontato Adam Atkins lo scorso dicembre: con il suo stand Peddling Pizzas, nel mercato di St Albans, ha potuto operare regolarmente una volta a settimana. “La differenza ora è che le strade della città sono tornate affollate, non solo per le riaperture, ma anche perché metà della popolazione cittadina ha ricevuto la dose del primo vaccino. E posso tornare a fare anche eventi di catering nei giardini delle case”.
La voglia di ritornare alla normalità è testimoniata anche dal racconto bizzarro che mi ha fatto Dan Egan, titolare di Big Slice Pizza co. che realizza pizze indoor per consegnarle a domicilio tramite le piattaforme di food delivery. “La mattina del primo giorno di riapertura è venuto a nevicare qui sulla costa sud dell’Inghilterra. Nonostante ciò, terminata la nevicata, la gente ha voluto uscire a tutti i costi per mangiare fuori. E nelle belle giornate che abbiamo avuto nei giorni successivi le strade erano sempre affollate. La realtà è che vogliamo approfittarne quanto si può, perché non sappiamo quanto durerà il bel tempo”.
E questo entusiasmo me lo testimonia anche Silvestro Morlando, che ha il suo furgoncino stabile di Sud Italia all’Old Spitalfield Market di Londra, dove ci sono sia attività di street food che ristoranti: “Si vede che la gente ha voglia di divertirsi e riprendere la propria vita in mano, stiamo lavorando tutti e non solo nei week end. Il primo sabato io ho fatto 270 pizze, ed era da prima del Covid che non si lavorava a questi ritmi”.
C’è poi chi ha anche beneficiato delle riaperture in maniera trasversale. Marco Fuso da tempo lavora solo come corsista e consulente per le pizzerie di nuova apertura. Durante la pandemia ha dovuto ridurre notevolmente il numero dei corsi, limitando anche il numero delle presenze. Ma la riapertura dei ristoranti gli ha portato di nuovo tantissime consulenze. Il paradosso è che, a causa del fenomeno congiunto di pandemia e Brexit, non si riescono a trovare pizzaioli che lavorino.
Il quadro britannico ci può dare più o meno un’idea di quello che potrebbe succedere in gran parte d’Italia nelle prossime settimane. Sappiamo già, comunque, che le pizzerie che non potranno permettersi di mettere tavoli all’esterno non otterranno grossi vantaggi. C’è da dire però che il coprifuoco serale, per quanto limitante, potrebbe comunque favorire ancora per un po’ le consegne a domicilio: è difficile pensare, soprattutto nel sud Italia, che le persone che sono abituate a uscire per cenare dopo le nove di sera si prendano il disturbo sapendo che entro le dieci devono rientrare a casa.
La domanda che ci facciamo però è: quanto durerà questa zona gialla?