Il passato e il presente di New York attraverso la Pizza, in un documentario
Lo ha fatto David Shapiro, nel suo Untitled Pizza Movie
News di Tommaso Stio — 4 anni fa
Raccontare la Pizza e più in generale il cibo significa raccontare la società e come questa si trasforma nel tempo. Senza andare a scomodare Ludwig Feuerbach che sintetizzava ne “L’uomo è ciò che mangia” parte del suo pensiero, il regista David Shapiro ha ben pensato di seguire l’evoluzione di una metropoli come New York attraverso un cibo semplice e ‘di strada’ come la Pizza, per osservare con sguardo attento e sincero come cambia la società e come cambiano di conseguenza le nostre abitudini.
La genesi e il viaggio di questo film però, presentato al Sundance Film Festival 2021, sono a dir poco peculiari così come lo sono state le premesse che negli anni novanta hanno spinto due giovani sognatori – lo stesso Shapiro e l’amico Leeds Atkinson – a girare per le pizzerie di New York armati di una handycam e di alcuni bizzarri strumenti per ‘misurare’ la Pizza. L’idea di selezionare i migliori luoghi dove poter acquistare uno “Slice” nascondeva anche un intento decisamente più giocoso e giovanile che oggi, a trent’anni di distanza, il regista Shapiro ammette candidamente dicendo che loro volevano anche “mangiare gratis e fare un film, ma abbiamo visto accadere tutto davanti ai nostri occhi”.
Ed ecco che, da mangiatori di Pizza appassionati, i due giovani si sono resi testimoni dei lenti ma inesorabili processi sociali che trasformano la vita di tutti i giorni come l’abbandono di alcuni quartieri e la trasformazione di quelli popolari, densi quindi di locali street-food, in zone di pregio nelle quali non c’è più spazio per questo tipo di attività. Dopo molti anni, una maggiore consapevolezza e il ricordo di quanto girato anni prima, hanno spinto David Shapiro, ormai registra affermato, a montare e produrre (questa volta da solo, poiché l’amico di vecchia data è scomparso nel 2014) questa memoria storica della città, sincera e diretta come poche altre testimonianze.
In quella che è una serie in sette parti più che un documentario, trovano spazio figure e personaggi ricorrenti: oltre ai due curiosi e giovani protagonisti, l’incontro con Andrew Bellucci (che vedete in foto qua sopra) è centrale. L’uomo, descritto come un vero e proprio fanatico della Pizza, gestisce la pizzeria Da Lombardi’s nel quartiere di SoHo a Manhattan e con i suoi racconti e la sua abilità colpisce fin da subito i due giovani. La storia non sempre però viaggia su binari facilmente prevedibili e interpretabili: è questo il caso di Bellucci, proprietario di un locale ispirato all’originale Lombardi’s aperto nel 1905 dall’immigrato italiano Gennaro Lombardi, ritenuto il primo a portare la Pizza nella Grande Mela, che nel 1995 si dichiara colpevole per oltre cinquanta capi d’imputazione (in particolari diverse centinaia di migliaia di dollari rubati allo studio legale che aveva amministrato fino agli anni ottanta).
I due seguono la vicenda da vicino ma man mano che il tempo passa le cose si fanno più complicate, i litigi, i pochi soldi a disposizione, neanche l’ombra di un produttore e così il progetto finisce per deragliare e i due per allontanarsi per sempre. Ovviamente però, trent’anni dopo Shapiro ha deciso di ricucire con quella parte del suo passato e ha scoperto cos’è cambiato: oltre alla morte dell’amico di un tempo, lo stesso Bellucci ha aperto la sua Bellucci Pizza a New York e gli affari sembrano andare bene.
Ma perché proprio la Pizza?
Intervistato qualche mese fa in occasione del festival, Shapiro ha voluto spiegare perché trent’anni prima i due abbiano scelto proprio la Pizza e non un altro esempio di street food, dagli hot-dog agli americanissimi hamburger: “Abbiamo scelto la pizza per parlare di come cambia una metropoli perché la pizza è accessibile a tutti. È una delle icone di New York e qui chiunque può mangiarla. Con 5 dollari puoi gustare un buon pasto, puoi portarla via, puoi prenderne uno spicchio. Attraverso il cibo c’è amore, c’è un legame e la Pizza ne rappresenta un esempio molto interessante: era un nostro modo divertente e semplice per parlare di temi complessi”.