In questi tempi di pandemia e di crisi lavorativa la pizza può essere la risposta per riprendere in mano la propria vita. Lo sanno bene in UK, dove nei mesi del lockdown (arrivato in ritardo rispetto all’Italia), mentre il business della ristorazione ha subito una crisi senza precedenti, quello della pizza ha invece subito un incremento esponenziale.
Vi ho già parlato in un altro articolo di come la pizza (specialmente quella di ispirazione napoletana) fosse diventata nel Regno Unito il prodotto di punta per chiunque decidesse di intraprendere un business collaterale nello street food. Che da quelle parti è strettamente legato ai mercati rionali e ai cosiddetti Farmer’s Market, mercati settimanali di agricoltori e privati che vendono i loro prodotti agricoli o di cucina casalinga (una sorta di mercato Coldiretti, diciamo).
Questi mercati sono una realtà che fa parte del tessuto culturale della società britannica, sia che ci si trovi in un villaggio di poche migliaia di anime nella campagna dell’Essex, sia che si abiti in una metropoli da 8 milioni di abitanti come Londra. E, negli ultimi anni, la pizza di ispirazione napoletana ha fatto sempre più capolino tra gli stand, grazie anche all’aumento dei corsi tenuti da pizzaioli italiani alla popolazione locale.
Corsi che sono spesso anche promossi dalle stesse compagnie che nel Regno Unito si occupano della distribuzione di forni, pale per pizza e tutto il materiale che occorre per avviare un business dedicato. Ed è proprio in questi mesi di pandemia che questi business hanno visto i loro affari intensificarsi, come mi è stato confermato da alcuni miei contatti che operano per le aziende di settore in UK.
Il motivo è semplice. La grossa ristorazione, che già aveva ricevuto danni incalcolabili dalla Brexit a causa dell’aumento dei costi di gestione a fronte di una perdita del valore dell’acquisto del pound, è stata definitivamente messa in ginocchio dal lockdown. Sono molte le grosse catene che hanno chiuso diversi locali sul territorio a causa del mancato afflusso di persone. Determinato da un lato dall’incremento dello smart working, che ha azzerato il traffico pedonale dagli uffici su cui molte di queste attività si reggevano. Dall’altro, più in generale, dal crollo dell’economia causato dalla perdita di molti posti di lavoro (e di conseguenza, molta meno gente che può permettersi di mangiare fuori).
Ma il business della pizza è semplice, e altamente più lucrativo nei numeri. Soprattutto se non lo si intraprende nella ristorazione, con tutti i costi di gestione del caso, ma nei mercati del cibo di strada. Dove, una volta ottenuti i regolari permessi e aver pagato l’affitto per l’occupazione della propria bancarella, il resto è tutto profitto.
Ed è per questo che, se già avevamo assistito a una tendenza negli ultimi anni, il trend si è ulteriormente intensificato quando molti hanno deciso di investire gli ultimi risparmi per l’avviamento di uno stand di pizza in un mercato, spesso guadagnando su quella che magari fino a poco prima era una semplice passione per la pizza fatta in casa.
Da sempre appassionato di pizza fatta in casa, Alex ha pensato di ripiegare su questa passione per ricrearsi una carriera, e ha elaborato un business plan per mettere in piedi uno stand di pizza in un mercato della sua zona. Ma con l’affitto da pagare (a Londra particolarmente oneroso) e altre spese per vivere, il giovane londinese non ha i soldi sufficienti per avviare lo stand. Ha deciso quindi di lanciare una campagna di crowdfunding per raccogliere la cifra necessaria per lanciare la sua attività: 5000 sterline, che serviranno per acquistare il gazebo, il frigo, utensili da cucina e soprattutto due forni Ooni Koda (di cui vi abbiamo parlato in questa recensione) per una cottura veloce a 90 secondi.
Sì, perché anche Alex è stato folgorato dal concetto di pizza napoletana che ormai va per la maggiore negli stand di tutto il Regno Unito. Uno stile che a fronte di un servizio veloce (con conseguente vantaggio economico) ti permette di ottenere anche una pizza dall’impasto morbido ed elastico, soddisfacente al morso, e capace di contenere una maggiore quantità di ingredienti. Che Alex promette saranno principalmente italiani, a partire dalla salsa di pomodoro San Marzano.
Alex ha deciso di chiamare il suo stand Penny’s Pizza, in onore della mamma, morta di cancro, che gli ha trasmesso la passione per la cucina. Come ogni progetto di crowdfunding ci sono diverse ricompense a seconda della cifra donata. Anche per chi non potrà mangiare la sua pizza, c’è la possibilità di vedersi intitolata una special del mese. Tutte le informazioni sono sulla sua pagina del crowdfunding.
Nel momento in cui pubblichiamo Alex ha superato da poco la metà della cifra necessaria, e sembra essere a buon punto. Con piacere io ho anche dato il mio piccolo contributo. Perché al di là del gesto di solidarietà, è bello gratificare una persona che ha deciso di puntare la sua svolta di vita sulla passione per un prodotto che fa parte della tua cultura di nascita. Anche questo è un piccolo gesto per dire grazie.
Si rischia di scadere nella retorica quando si dice che “la pizza unisce”. Eppure ho visto e partecipato a tantissimi eventi di solidarietà che ruotano attorno a questo semplice disco di pasta, capace di mettere in contatto popoli e culture lontane. Ma sì, chi se ne frega, lasciatemi essere retorico. Forza Alex e tutte le persone come lui che scommettono sul nostro cibo preferito per dare una svolta alle loro vite.