Quali sono a oggi le condizioni di lavoro dei Rider di Pizza?
Tra contratto e promesse non mantenute
News di Tommaso Stio — 4 anni fa
Le App di Food Delivery hanno reso possibile ogni cosa, anche ricevere comodamente a casa nostra una pizza calda, ancora fumante, con qualsiasi condizione atmosferica. Ma questo succede a che prezzo? Qual è l’infrastruttura celata dietro l’ordine che potete fare in pochi tocchi sullo smartphone, come vengono gestiti i rider e quali sono le tutele e le paghe che gli vengono riconosciute?
La situazione e la gestione del lavoro dei fattorini è stata per molti mesi trascurata e ha sofferto per l’assenza di una regolamentazione da parte della politica; i lavoratori pagati a cottimo ovvero in base alla prestazione fornita, non potevano godere di nessuna garanzia e tutela e il loro profitto era legato a doppio filo unicamente alle assegnazioni di consegne stabilite dagli algoritmi delle App e non dalla loro effettiva disponibilità e propensione al lavoro.
Una situazione, come detto, precaria e che è sfociata in numero proteste che si sono succedute in diverse città italiane negli ultimi mesi del 2020: una serie di manifestazioni e scioperi organizzati che talvolta sono sfociate in veri e propri scontri tra i rider e le forze di polizia. Il pomo della discordia, all’epoca, era stato l’accordo firmato in data 16 settembre 2020 tra il sindacato UGL (Unione Generale del Lavoro) e AssoDelivery, l’associazione che rappresenta le aziende che ben conosciamo di delivery (Just Eat, Glovo, Uber Eats e così via). Un nuovo contratto che ha introdotto, tra le altre cose, alcune garanzie richieste con forza dai lavoratori e dal governo quali il compenso minimo di dieci euro lordi per ogni ora di consegne, un’indennità integrativa per il lavoro notturno, per quello nei giorni festivi e in caso di maltempo, la copertura assicurativa infortunistica e per danni a terzi, la fornitura gratuita delle dotazioni di sicurezza e la formazione in materia di sicurezza stradale e nel trasporto di alimenti.
L’accordo così come proposto, riconosce i rider come lavoratori autonomi e non come subordinati e quindi, non garantisce ai lavorati le tutele che invece hanno i dipendenti come le ferie, la malattia ma soltanto una copertura assicurativa infortunistica e per danni a terzi. Il compenso minimo inoltre, riguarda soltanto le ore effettivamente di consegna e non i momenti in cui i rider sono disponibili e in attesa di ricevere un ordine (è errato parlare quindi di un compenso minimo orario). Per queste e altre ragioni l’accordo è stato siglato con la sola UGL e respinto invece da altri sindacati più importanti come CGIL, CISL e UIL, in attesa dell’incontro col il governo, che si è tenuto due mesi più tardi.
Il tanto agognato incontro tra le parti si è tenuto dunque a metà novembre e ha ottenuto, come esito, il Ministero del Lavoro che si è espresso spingendo verso le assunzioni e la scrittura di un contratto, sottoscrivendo l’impossibilità di pagare i rider a consegna. Nonostante ciò, negli ultimi mesi dell’anno molte testimonianze di fattorini hanno spiegato come le paghe orarie siano mal calcolate dal sistema, il quale pare non equo e coerente nella stima dei tempi di attesa e di consegna i quali, dilatandosi più del previsto, non permettono al fattorino di lavorare quanto dovrebbe per raggiungere il compenso previsto. Per questo il negoziato tra le parti è proseguito e si è incentrato anche sul tema delle tutele e dei diritti che spettano ai rider: da una parte alcune società come Uber hanno espresso la volontà di introdurre un sistema che consenta di conoscere prima dell’accettazione, il valore della consegna mentre Just Eat, uscendo dall’accordo, ha dichiarato di voler adottare il modello Scoober, prevedendo un’assunzione fino a tremila rider nel 2021. Si tratterebbe di una scelta già ideata e operativa in altri mercati come la Germania e che permetterebbe alla società di stabilizzare i propri lavoratori attraverso un’assunzione graduale dei fattorini in aziende di consegne e logistica gestite al 100% dalla stessa Just Eat.
In tal caso si parla di una vera e propria assunzione come dipendente e di una paga composta da una quota fissa e da una variabile che lascerebbe da parte l’accordo precedentemente siglato e messo poi in discussione dal Ministero del Lavoro. Insomma, se confermato, un passo in avanti decisivo per chi ogni giorno ci consegna la Pizza a casa: non soltanto un contratto di lavoro da dipendente con paga oraria ma anche tutte le tutele del caso per ferie, malattia, assicurazione, indennità e addirittura premi di produzione.
Ciò delineerebbe una situazione ben diverse e auspicabile per tutti i rider ma ci vorrà del tempo: si tratta di un investimento a lungo termine e si dovrà procedere per gradi, partendo da una sperimentazione in una città di dimensioni medio-piccole in Italia. Un esempio virtuoso in tal senso, a dire il vero, già c’è ed è la Carta dei diritti fondamentali dei lavoratori digitali nel contesto urbano, firmata a Bologna a maggio 2018, allo scopo di dare garanzie e dignità ai lavori altrimenti gestiti da App e algoritmi. Nella speranza che queste misure possano risolvere la situazione precaria attuale, andata avanti per fin troppo tempo, possiamo già notare come le idee dei grandi marchi siano d’ispirazione per società più piccole, radicate sul territorio, come un’azienda di Prato che lavora con Runner Pizza e che ha messo a contratto i primi ventiquattro fattorini a fronte di un totale di 140 rider che coprono attualmente tutte le consegne.