Il caldo torrido della Milano estiva non ha mai frenato la mia voglia di pizze e ogni cena fuori è potenzialmente un’occasione per organizzare una bella pizzata. Ed è proprio seguendo questo sano principio che il saluto a degli amici in partenza si è tramutato in una serata ad alto contenuto di pizza. Essendo in compagnia e potendo quindi provare più pizze, ne ho approfittato per testare un locale nuovo, un locale su cui avevo alte aspettative: Modus.
Questa pizzeria – che, per inciso, fa anche ristorante – è una delle ultime novità “d’autore” aperte in città. Il nome non è altro che quello di Paolo de Simone, firma sicuramente nota agli amanti della pizza napoletana in quanto uno dei soci fondatori di Da Zero che – solo a Milano – conta due locali. A pochi mesi dall’inaugurazione, Modus era già stato osannato da giornali, siti web e blog più o meno noti; da ultimo il riconoscimento – giusto una settimana prima della mia visita – di 50 Top Pizza che ha incoronato la pizzeria al 42° posto su tutta Italia e le ha addirittura conferito il premio speciale come “Pizzeria dell’anno 2022”.
Potete ben capire il perché delle aspettative elevate.
Ecco dunque che, puntualissimo, mi presento alla porta della pizzeria sopra cui un’insegna luminosa riassume in poche parole il concept del locale: “La pizza secondo Paolo de Simone”. Dentro l’ambiente è davvero bello: due ampie sale principali più un piano rialzato, l’arredamento è semplice ma curato, chic mentre il personale è molto accogliente e fa subito accomodare me e i miei amici al tavolo che avevamo prenotato.
Nel momento in cui apro il menù – sezione pizze ovviamente – per un attimo rimango confuso: sembra di essere ospiti di Da Zero. Superata questa iniziale perplessità, inizio a valutare gli aspetti positivi. Dopo tutto gli abbinamenti di Da Zero sono sempre azzeccati e gli ingredienti, tutti rigorosamente cilentani, ottimi. La struttura del menù – cosa che apprezzo molto – è semplice e le proposte non sono troppe. Le pizze sono suddivise in 4 sezioni: Classiche, Vegetali, Gustose e “La pizza come una volta”.
Quest’ultima sezione, con tanto di foto del pizzaiolo, è introdotta da una spiegazione di cosa Paolo de Simone intende con “pizze di una volta”, ovvero pizze fatte con un impasto realizzato con lievito madre e farine di grani locali – non si capisce se (e nel caso di quali) varietà antiche – 100% integrali molite a pietra.
Senza perdere tempo io e i miei amici ci accordiamo sulle pizze da provare: nel gruppo una ragazza insiste per provare la pizza senza glutine, mentre un altro è tentato dall’impasto “come una volta”. Non posso che approvare: assaggiare quattro farciture e tre diversi impasti in un unico ordine è un’esperienza da non sottovalutare.
Mentre un cameriere prende l’ordine ci viene servito un piccolo aperitivo di benvenuto: si tratta di un pezzetto di pane condito con melanzane, zucchine, pomodoro e scaglie di cacioricotta. Discreto il sapore complessivo grazie, soprattutto, a un olio dall’aroma piacevolmente intenso ma il pane non è troppo fresco e trovo fastidiosa la punta di acidità data dal lievito madre. In ogni modo, a caval donato non si guarda in bocca: non tiriamo conclusioni affrettate. Aspettiamo le pizze sperando siano al livello della nomea.
Dopo poco arrivano le prime due pizze, esteticamente non particolarmente invitanti. Inizio a tagliare la pizza da me scelta, la Pizza 3 Pomodori (pomodoro giallo, Piennolo, pomodoro secco e fior di latte), ma anche al tatto il bordo si presenta pieno e pericolosamente umido. All’assaggio purtroppo devo ammettere che la pizza non corrisponde a quanto mi aspettavo dal locale.
Sarà anche che il paragone con la 3 Pomodori di Da Zero è spietato ma né le farciture né l’impasto mi riescono a piacere. La salsa di pomodoro giallo alla base è troppo acida mentre l’impasto invece è steso ammassando pasta sul bordo. Il risultato è una pizza con un cornicione talmente compatto che non si è nemmeno riuscito a cuocere a dovere e in bocca risulta al limite dell’appiccicoso.
Dalle facce dei miei amici capisco che neanche loro sono soddisfatti. Curioso, perplesso e un po’ amareggiato, assaggio anche l’altra pizza: la “Terra a Confine” (mozzarella nella mortella, pomodoro giallo e nduja). Si tratta di un altro classico della vecchia pizzeria di Paolo de Simone che, come la precedente, per me che l’ho provata da Da Zero, non regge minimamente il confronto. Ritrovo poi tutti i difetti della mia pizza: dal pomodoro giallo, che mi si conferma decisamente acido – buoni però gli altri ingredienti – all’impasto, che è steso male e lasciato, forse ancor di più che nella mia, crudo.
La speranza – poca a dire il vero – che nutrivo per gli impasti diversi dal classico si infrange davanti alle pizze che ci vengono servite: mi sarei aspettato una pizza almeno esteticamente simile a una napoletana invece quelle che ci siamo ritrovati davanti sembrano più dei padellini non lievitati.
La prima delle due che assaggio è una Pizza Menaica (pomodoro giallo, bufala e alici) con l’impasto “come una volta”. Forse sbaglio a insistere nel paragone con le pizze di Da Zero ma dato che sono identiche persino nel nome, mi sento giustificato a dire che la Menaica a cui ero abituato è tutt’altra cosa. Qui gli ingredienti sono smorti e si perdono nel confronto con un impasto dal buon sapore, molto particolare e senza dubbio interessante.
Ancora una volta però peccato per la cottura: la pizza non è sviluppata in altezza e in alcuni punti più compatti il centro della fetta è troppo, troppo umido.
L’ultima pizza che assaggio è la Pizza Fiori di Zucca (crema di zucchine, fiori di zucca e fior di latte). L’impasto è – inaspettatamente data la mancanza del glutine – più sviluppato della precedente e in bocca è molto soffice e delicato, forse troppo. Gli manca la spinta di sapore del sale e delle farcite, tutte troppo piatte, quasi vuote di gusto.
Per chi mi conosce sa che se in un posto mi alzo dopo aver mangiato solo due pizze significa che la pizza non mi è piaciuta. Sarà stata una serata no, ma da Modus ne ho mangiata una. Per come la vedo io, un posto che riporta letteralmente la firma di un pizzaiolo (bravo per di più) su tutti i menù e sui muri del locale e che si fa portabandiera della filosofia di questo pizzaiolo, non può permettersi di proporre un prodotto così diverso da quello del pizzaiolo stesso. Se poi aggiungiamo i recenti riconoscimenti ricevuti… concedetemi un po’ di delusione.
Questa recensione fa parte della rubrica “A spasso con Pokerman” di Giorgio Gemma, che comprende articoli esperienziali e molto personali in giro per le pizzerie di Milano e non solo.