Primmo, sicondo e Seu Pizza Illuminati: la recensione
Il racconto di un nuovo percorso di gusto
Recensione di Amleto De Silva — 3 anni fa
Diciamo che questo viaggio in direzione Seu Pizza Illuminati è nato dopo numerose esclamazioni di amici e conoscenti che, ogni santa volta, mi riprendevano con frasi del tipo “Non è possibile… non sei mai stato da Seu?”, “Ma come, sei di Napoli e non hai mai mangiato da Seu Pizza Illuminati?” e così via. Insomma, potrei continuare all’infinito ma ‘sta canzone è andata avanti per un bel po’ di tempo: pareva un disco incantato ogni qual volta parlavo di pizza a Roma. Insomma, una seccatura, sempre esposto a questa umiliazione manco avessi una scarlatta “S” (di Seu, ndr) stampata sulla fronte… dovevo assolutamente rimediare!
Però, quando il diavolo ci mette lo zampino… avevo appena deciso di marciare in direzione di Seu Pizza Illuminati ed ecco che scoppia una pandemia che, ahimè, ci ha costretti in casa, preoccupati, abbastanza sfiduciati ma anche speranzosi che tutto potesse finire al più presto. E allora, tra aperture e chiusure varie, al primo spiraglio di libertà abbiamo deciso, io e una buona parte della mia banda di mangiatori di pizza, di precipitarci a gambe levate verso Seu.
Ebbene, nel corso di quella serata di un ormai lontano giugno 2020, ho realizzato finalmente che cosa mi ero perso fino ad allora: “In Pizza We Trust” e in un attimo si comprende il vero credo di Pier Daniele e della sua dolce metà Valeria. A distanza di tempo, come ricordo di quella calda serata di giugno mi sono portato dentro una pizza, una pizza dolce: la Fior di Fragola.
Promisi a me stesso che ci sarei tornato non appena il mare di Procida mi avesse concesso il benestare di rientrare a Roma per trascorrere un altro freddo inverno; ecco dunque che ci tornai nel mese di ottobre, poi a novembre (sabato e domenica a pranzo) e infine a dicembre per una pizza pre-natalizia. Insomma, da quel momento in poi ogni occasione è stata buona per calpestare il suolo sacro di Seu Pizza Illuminati.
Quante pizze gustate: tartare, pollo e peperoni, assoluto di melanzana, gateaux, lasagna, affumicatissima, fior di cotto, cosacca 2 Seu, Carbonara, assoluto di patate e così via, per una lista quasi infinita di gusti e sapori. E poi quei viaggi in compagnia di Valeria: Valeria in India, Valeria in Grecia, Valeria a Las Vegas. E anche i fritti, che grande bontà e bellezza, con impanatura croccante, cottura precisa degli ingredienti, sapori netti.
Ma come dimenticare le pizze dolci, fiore all’occhiello di Pier Daniele e nate da una intuizione di Valeria: la Fior di Fragola, la Pizza Colada, la Tiramiseu, la Grandma, la Bounty, la Assoluto di Pesche. Insomma, tutto questo per dire che, un paio di sere fa, approfittando della discesa a Roma di mia figlia da Londra (ecco la scusa che mi serviva!), ci siamo tornati.
Una visitina a ora tarda per rinfrescare la memoria di un menù estivo che ci sta lasciando: Angurinara in apertura, imprescindibile, dove quel sapore d’anguria spalanca le porte alla più classica Marinara. A seguire la mia passione: Provola e pepe con il pepe che al palato tiene a bada la provola ed è pura poesia. A sgrasso una Crudo e burrata su base focaccia giusto per distrarre il palato dall’ottima Back to black (che bel matrimonio melanzane e ciauscolo, ndr) in ultima uscita, giusto per addolcirci il gusto in vista dell’arrivo delle pizze dolci.
E qui una bella sorpresa: in anteprima sul nuovo menu la pizza dolce Sacher, evvai! I ricordi più vivi sono legati alla mia personale 24 Ore da Seu (inserii le foto sui social aprendo il tutto giocando con le parole: “SEU o non SEU, questo è il problema. Se sia più nobile all’animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell’iniqua fortuna di una pizza fatta in casa, o prender l’armi contro un mare di problemi e combattendo disperderli seduto al tavolo in pizzeria”).
Quella sera Pier Daniele ci colpì subito con un poderoso gancio alla bocca dello stomaco presentandoci Wheely (pizza nel ruotino) che ci lasciò senza fiato per diversi giorno al solo ricordo. La serata la chiudemmo parlando di tutto ma anche del possibile piazzamento al prossimo 50 Top Pizza: profetizzammo un quarto posto, sbagliammo di poco.
Le pizze di Pier Daniele possiedono un loro marchio di fabbrica, sono riconoscibili per le guarnizioni curatissime, profumano di buono, hanno una “S” invisibile che le marchia a fuoco su ogni cornicione. Le pizze dolci lo hanno poi consacrato ma se un giorno questa consacrazione diverrà totale e lo porterà tra i nomi importanti dell’universo sempre in movimento della pizza, io potrò finalmente dire: “Io a Pier Daniele Seu lo conosco!”.
Questa recensione fa parte della rubrica “I percorsi di gusto di Amjago” di Amleto De Silva, che comprende articoli esperienziali e molto personali in giro per le pizzerie di Roma, e non solo.