Diego Armando Maradona non è mai stato un calciatore comune. Ha trasmesso il suo talento e modo di pensare a intere generazioni di appassionati, al punto tale che il suo impatto nella cultura popolare ha pochi eguali nel mondo dello sport.
È caduto molte volte e spesso ha fatto del male a sé stesso, ma non si può scindere l’uomo dal calciatore (proprio come per Muhammed Ali, secondo Federico Buffa). Sempre dalla parte dei più deboli, ogni competizione era una battaglia: la Champions League forse non l’avrebbe mai vinta – troppo borghese – lo scudetto a Napoli “contro quelli del nord” e il mondiale ’86 con il goal di mano per riscattare la battaglia delle Falkland invece sì, impossibile sconfiggerlo.
È stato un prodotto del popolo e ha sempre difeso il popolo, per Napoli ha rappresentato molto più che un calciatore, ma l’intero riscatto di un tessuto sociale che negli anni ’90 faceva fatica a emergere dalla situazione socio-politica che lo attanagliava.
Anche la pizza napoletana è un prodotto del popolo, è nata dal popolo ed è estremamente radicata nei suoi interpreti campani, che spesso seguono un parallelo apparentemente senza senso ma puntuale con lo stesso Maradona: partire dal basso per il proprio riscatto non solo economico, anzi.
Naturale quindi che gran parte del Mondo Pizza, non solo strettamente campano, sia rimasto di sasso alla notizia della sua scomparsa, con migliaia di messaggi e qualche tributo sotto forma del nostro amato disco di pasta.
Da Errico Porzio che ha disegnato la faccia di Maradona a Gian Paolo Attardi che ne ha dedicato una scritta, senza dimenticare quando, nel 2017, c’è stata la festa per la cittadinanza onoraria di Napoli con le pizze preparate da Enzo Coccia.
Qualche riga più su dicevo che non si può scindere l’uomo dal calciatore, e per questo non ha senso parlare del giocatore più forte di tutti i tempi dal punto di vista puramente tecnico: ogni epoca ha il suo fuoriclasse, ma se mettiamo nell’equazione leadership, carisma e impatto allora sì, è stato il più forte di tutti.
Il suo amore incondizionato per il pallone (“Se stessi con un vestito bianco a un matrimonio e arrivasse un pallone infangato, lo stopperei di petto senza pensarci”) ha influenzato molto la mia generazione: tutti a Napoli volevamo essere Maradona, quando si giocava a calcio in strada, a mare, nei campetti, ovunque.
Poi, crescendo, siamo andati oltre: la sua faccia della miseria, il suo odio per i “forti con i deboli, deboli per i forti”, quella scusa del pallone per dare significato a qualsiasi cosa uno faccia.
Piccola divagazione ancora più personale: se oggi non sopporto quelli che “forti con i deboli, deboli con i forti” e cerco di dare un senso a tutto, pure all’utilizzo di un oggetto tecnologico che deve essere “emozionante”, lo devo anche a Maradona e al suo andare sempre controvento, quando aveva ragione e quando aveva torto.
Il suo talento innaturale rimarrà scolpito nella nostra mente ancora di più a partire da oggi, con ulteriore piccolo insegnamento: per avere successo nel futuro non bisogna mai dimenticare il passato e da dove siamo venuti.