Da campano che vive a Milano da quasi 23 anni, sono sempre stato molto sensibile alla diffusione della pizza napoletana (ma anche della buona pizza in generale) nel capoluogo lombardo. E posso dirvi che, se il mio primo approccio alla città non è stato dei migliori, da questo punto di vista, negli ultimi anni la situazione è meravigliosamente migliorata (come segnaliamo sul Pizza Advisor dedicato alla città).
Personalmente ho provato oltre 60 pizzerie che fanno pizza in stile napoletano (classico o contemporaneo), all’ombra della Madonnina, molte delle quali con risultati di altissimo livello, e ne ho ancora tante altre da provare!
Sono decisamente molto soddisfatto della cosa, credo che Milano sia facile da considerare come la prima città al mondo, fuori dalla Campania, per qualità della pizza napoletana che è possibile trovarvi. Sapere di poter uscire di casa e, in pochi minuti di metropolitana, raggiungere una pizzeria in grado di non farmi rimpiangere le pizze che potrei mangiare a Napoli o dintorni, è davvero una grandissima soddisfazione. Però…
No, in realtà non c’è un vero però. La cosa della pizza finisce anche lì ed è ottima così, anzi, continua a migliorare. Quindi tutto fantastico.
Però a me piace anche la pizza di scarole, che è un altro grande classico napoletano, non propriamente da pizzeria. È più una specie di torta salata che si fa generalmente in casa e che in Campania puoi ordinare nei forni, nelle rosticcerie, a volte anche nelle pasticcerie. Se non la conoscete (ed è un “se” che ci può anche stare, perché non è una ricetta tanto diffusa fuori Napoli, di certo non come la pizza in generale), beh, sappiate che è una roba spaziale. Almeno, a me piace da morire, è una delle mie cose preferite nella vita, e non solo relativamente al cibo.
Ecco, con la pizza di scarole ho fatto più fatica, in questi anni. Non è facile trovarne qui a Milano, quindi per tanto tempo mi sono accontentato di mangiarla solo quando passavo un po’ di tempo dalla mia famiglia ad Aversa.
Nei giorni scorsi, però, ne avevo proprio voglia. E su Instagram sono incappato in un post di Carlo Sammarco Pizzeria 2.0, locale che conosco molto bene perché fa un’ottima pizza napoletana contemporanea, a canotto (termine che lo stesso Carlo ha addirittura brevettato, o qualcosa del genere), proprio in quel di Aversa (e Frattamaggiore).
Il post pubblicizzava l’attività del nuovo Forno Sammarco, interessante aggiunta alle pizze al piatto, che da un po’ di tempo propone pizze “nel ruoto”, più da forno, appunto. Il post parlava nello specifico del casatiello e della pizza sasiccia e friarielli, e prometteva consegna a domicilio in tutta Italia. La cosa mi ha incuriosito e mi sono detto: “Ma vuoi vedere che fanno anche la pizza di scarole?”
Ho contattato Forno Sammarco su WhatsApp e la risposta alla mia curiosità è stata proprio quella che volevo: sì, era possibile ordinare una pizza di scarole e farsela spedire a Milano. L’eccitazione per me è stata notevole, per svariati motivi. Non solo stava per concretizzarsi il mio desiderio di mangiare una pizza di scarole a Milano, ma stava succedendo anche grazie a metodi abbastanza “digitali”, che è un’altra roba che mi gasa non poco.
Ovviamente, non avendo mai provato prima il servizio, sapevo di andare incontro anche a qualche rischio. “La pizza potrebbe arrivare troppo tardi”, pensavo, e quindi magari non più nelle condizioni perfette per essere consumata. “Potrebbe essere impacchettata male o trattata male dal corriere” e tante altre cose di questo tipo. Però, vabbe’, ho deciso di provare. “Male che vada”, mi dicevo, non lo farò più.
E ora sono qui a raccontarvi che la cosa ha funzionato perfettamente. Su WhatsApp ci siamo messi d’accordo con la pizzeria/forno per spedizioni, pagamenti eccetera (ho fatto un bonifico quando mi è stato comunicato il prezzo preciso della pizza, che viene venduta al peso, e precisamente al prezzo di 12 euro al Kg + 8 euro di spese di spedizione) e la pizza mi è arrivata in meno di 24 ore dalla spedizione. Mi era stato promesso un arrivo in 24-36 ore, quindi spedizione eccellente.
Il packaging, che potete vedere nelle foto da qualche parte qui in questa pagina, l’ho trovato fico e convincente. Gradevole esteticamente, quindi, ma anche efficace nel mantenere ben “sigillata” la pizza, sia per non farla rompere durante il trasporto, sia per mantenerne il più possibile intatte le qualità.
La pizza di scarole, di suo, non è come una pizza al piatto napoletana e può tranquillamente essere mangiata anche due o tre giorni dopo la sua preparazione. Non peggiora. Anzi, a volte è ancora più buona.
La pizza in sé era davvero buona, tranne un piccolo problema di cui vi parlerò fra poco. Impasto con la consistenza giusta, colore che subito fa pensare ad una cottura adeguata e farcitura ottima, veramente ottima, sia per quantità che per qualità.
Oltre alle scarole stesse, il condimento prevedeva olive denocciolate, pinoli, uvetta e acciughe. Tutto ottimo. Forse il rapporto tra impasto e farcitura era addirittura troppo sbilanciato a favore di quest’ultima, con il risultato di non garantire una fetta gestibile tranquillamente in mano: infatti molte fette le ho mangiate in un piatto, con le posate, cosa stranissima per una pizza di scarole.
Ma non è questo il piccolo problema a cui accennavo prima. Quello riguarda, invece, l’eccessivo sapore di grasso dell’impasto. La pizza di scarole tradizionale prevede l’uso di sugna (strutto) per l’impasto: il quantitativo giusto dà una bella spinta al gusto del tutto, ma un uso eccessivo può portare a un sapore complessivo troppo pesante. A me, in particolare, i sapori troppo grassi non piacciono granché.
Ho pensato, però, che parte del problema fosse dovuto al fatto che la pizza era ben sigillata. Magari sigillata poco dopo essere stata sfornata e poi tenuta così per tutto il viaggio da Aversa a Milano. Questo magari ha inciso sulla distribuzione di odori e sapori, favorendo un po’ il sentore di grasso. Penso questo perché le fette che ho mangiato dopo uno o due giorni dall’arrivo della pizza risentivano meno del problema e sono state infatti le mie preferite.
Comunque, l’esperimento di ordinare una pizza di scarole fatta ad Aversa per riceverla a casa a Milano ha funzionato perfettamente e credo proprio che lo ripeterò, magari anche provando altre soluzioni simili. Inoltre, sempre in questi giorni, ho comprato qui a Milano una pastiera da portare a un pranzo di Pasqua con amici, e ho scoperto che la rosticceria dove sono stato fa anche la pizza di scarole.
Prezzi molto più alti, però (20 euro al Kg invece dei 12 di Forno Sammarco), ma comunque un’ulteriore possibilità da esplorare. Magari ne parleremo anche, prossimamente, perché no?