Pizza fatta in casa: un’ancora di salvezza durante i lockdown Covid
Come mi ha aiutato a mantenere la mente e lo spirito appagati
Rubrica di Rosario Salatiello — 2 anni fa
Adesso che (si spera) ne stiamo finalmente uscendo, le varie fasi di lockdown alle quali la pandemia di Covid-19 ci ha costretti sembrano quasi un ricordo sbiadito. Sarà forse perché come negli altri anni anche stavolta nel periodo estivo le misure di contenimento si sono allentate, ma in buona parte immagino che la voglia e la capacità della mente umana di dimenticare eventi negativi come l’isolamento forzato nelle nostre case sia alla base di tutto.
Dimenticare completamente quello che è stato il periodo di lockdown soprattutto nella sua prima ondata a inizio 2020 è, però, impossibile. A differenza delle fasi successive in cui sapevamo più o meno quello che ci aspettava, la prima chiusura generale ha investito tutti cogliendoci alla sprovvista, costringendoci a vivere le nostre vite all’interno delle mura domestiche per diverse settimane.
È stato proprio in questa situazione che l’universo della pizza fatta in casa ha vissuto un vero e proprio boom (ed è nato lievitamente, il festival della Pizza fatta in casa), dovuto ovviamente al fatto che per diverso tempo non è stato possibile ricorrere alle pizzerie per mangiare il nostro alimento prelibato, in diversi casi neanche con la scappatoia dell’asporto. In molti hanno cominciato a impastare proprio durante il primo lockdown del 2020, e se è vero che personalmente avevo abbracciato questa passione anche prima di quel periodo, devo riconoscere che è stata proprio lei ad aiutarmi a mantenere positivi mente e spirito durante le fasi della pandemia.
Il lievito scomparso
La fase iniziale del primo lockdown a marzo 2020 non è stata facile neanche per chi voleva dedicarsi alla propria pizzata settimanale in santa pace. Spinti dalla stessa paura dell’apocalisse che abbiamo rivissuto qualche mese fa con l’inizio del conflitto tra Russia e Ucraina, in molti si sono infatti riversati nei supermercati ad acquistare merci di prima necessità, rendendo anche ingredienti fondamentali come farina e lievito irreperibili nella maggior parte dei negozi. Ricordo che all’epoca per diversi giorni anche le mie ricerche attraverso quei tre o quattro supermercati presenti in zona furono vane, lasciandomi con la prospettiva di non potere fare niente per chissà quanto tempo.
Per fortuna proprio quando ero ormai in preda allo sconforto arrivò una mano inaspettata. Non so dove un amico della zona riuscì a trovare alcuni panetti di lievito, e sapendo bene della mia passione sfidò le regole delle autocertificazioni per portarmeli fino a casa. Ricordo ancora perfettamente il momento in cui arrivò e mi lanciò il lievito sul balcone, offrendomi così il trampolino per quella che sarebbe stata una delle ancore di salvezza nelle settimane successive.
Per fortuna l'”emergenza lievito” è durata il tempo di far passare la psicosi collettiva, e dopo poco i panetti sono tornati a essere disponibili nei vari punti vendita. A leggere queste righe adesso sembra forse poco, ma in un momento difficile per tutti quanti ricevere un bel gesto d’amicizia fu un’iniezione di positività di cui avevo bisogno. La pizza che vedete qui sotto risale proprio a quei giorni lì, per l’esattezza al 15 marzo 2020:
Il rituale settimanale
Durante tutti i periodi di lockdown il ricorso allo smartworking mi ha permesso di continuare a svolgere il mio lavoro da ufficio senza interruzioni. Considerando la situazione problematica con la quale le attività rivolte al pubblico hanno dovuto fare i conti mi rendo conto che è stata senza dubbio una fortuna, ma col passare delle settimane mi sentivo intrappolato all’interno di un ciclo interminabile, quasi come quello di un criceto che all’interno della sua gabbia non può fare altro che correre sulla ruota. L’unica possibilità di uscire e fare qualcosa di “diverso” era solo andare a fare la spesa, non proprio il massimo del divertimento.
Con questa sensazione addosso, quello che fino a quel momento era stato un semplice appuntamento con il pizzadì settimanale diventò qualcosa in più. Sebbene la pizzata fosse tradizionalmente legata al sabato sera, una parte del tempo libero nel resto della settimana lo investivo infatti pensando ai possibili abbinamenti e gusti da provare per le pizze fatte in casa. Non al primo lockdown, ma comunque a una delle fasi successive di isolamento forzato, risale anche la lettura di alcuni libri dedicati alla pizza, raccolti poi qui su Garage Pizza in un articolo.
Dal rito della pizza settimanale raccoglievo le foto che pubblicavo su Instagram e Facebook, non per vanità ma per condividere con amici e conoscenti la mia passione. Inutile dire che è stato proprio in quel periodo che ho ricevuto la maggior parte dei messaggi da parte di persone che si stavano avvicinando al mondo della pizza fatta in casa, per chiedermi consigli sulla strumentazione da avere in cucina per prepararla al meglio e/o ricette per l’impasto. Considerando l’isolamento forzato al quale eravamo costretti, anche se solo tramite lo schermo di un cellulare su un social network, condividere e comunicare con gli altri, riuscendo anche ad aiutarli, è stato in quel momento una fonte di linfa vitale.
La partecipazione dei bambini
Ultimo ma non ultimo, come si dice in questi casi, è stato il coinvolgimento dei bambini nella realizzazione della pizza fatta in casa. Un qualcosa che in realtà va avanti ancora adesso, visto che i miei figli continuano a chiedermi di tanto in tanto di condire da soli le proprie pizze. Durante i periodi di lockdown, però, anche per loro è stato un modo per dare sfogo a manualità e creatività, specie nei giorni in cui anche le scuole erano chiuse. Con grande soddisfazione mia e sua, la bambina più grande è riuscita con un po’ di aiuto a stendere un panetto con le proprie mani.
Al di là della fase di preparazione e cottura, la fonte maggiore di felicità è stato vedere anche i bambini aspettare l’appuntamento settimanale con la pizza, felici di avere la possibilità di mangiarne liberamente qualche spicchio (rigorosamente ai wurstel) anche nei momenti in cui non era possibile andare in pizzeria. Alla luce di tutto quanto detto finora, come si fa a non amare incondizionatamente la pizza?