Quanto incide la Pizza su sovrappeso e obesità?
Pizza e i disturbi della nutrizione, davvero non si può consumare in una dieta stringente?
Rubrica di Francesco Margheriti — 11 mesi fa
Mangiare pizza rappresenta un piacere a tutto tondo, anche se in realtà, per essere precisi e onesti, è spesso l’introduzione di cibo nel corpo che provoca piacere, soddisfazione e felicità.
Questo perché un sistema di ghiandole e ormoni comincia ad attivarsi(1) già solo quando ci si siede a tavola o si consulta il menù con la lista delle pizze a disposizione.
Immaginate il vostro ingresso in pizzeria: l’odore sprigionato dalla cottura, le pizze servite agli altri commensali, il pizzaiolo in lontananza che armeggia e crea il disco di pasta, la scelta dal condimento, l’attesa, l’arrivo finalmente della pizza al vostro tavolo.
Durante questo tempo l’organismo ha cominciato a prepararsi per ingurgitare prima e digerire poi il tutto, cercando di rendere la situazione così piacevole da poter tornare a desiderarla il più volte possibile.
Il corpo umano è una macchina non perfetta, non matematica, ma decisamente furba: vive di aria, cibo e acqua e, di conseguenza, vi porterà sempre alla ricerca di questi elementi.
Il problema nasce quando l’introduzione di cibo diventa continua, mangiando spesso, tanto, magari consumando poco e quindi ingrassando. Tutto questo, a lungo andare, porta a conseguenze negative per la nostra salute(2).
In Finlandia, presso il PET Centre di Turku, hanno realizzato uno studio per capire quale possa essere la connessione fra cervello, cibo, senso di sazietà e godimento(3). Sono stati selezionati, infatti, 10 individui maschili di età media di poco più di 22 anni e un normopeso con una massa grassa del 17% circa.
A questi è stata fatta una PET (tomografia ad emissione di positroni) al cervello per tre volte; la prima dopo un digiuno di 12 ore, la seconda in seguito all’aver introdotto una bevanda senza gusto (contenente, all’incirca, lo stesso quantitativo di carboidrati, proteine e grassi di una pizza), l’ultima dopo aver mangiato una pizza (scelta fra tre tipologie) e una Coca Cola Zero.
Oltre alla tomografia, i soggetti dello studio hanno dovuto rispondere ad un questionario nel quale dovevano evidenziare e raccontare le loro sensazioni riguardo felicità, ansietà, irritabilità, senso di nausea, livello di sazietà, fame e sete.
È stato inoltre prelevato del plasma per valutare alcuni livelli ormonali in circolo, in seguito all’assunzione di cibo.
Qual è stato il risultato? Diremmo particolare.
Di base, ogni volta che mangiamo qualcosa, il corpo rilascia endorfine e attiva i recettori per gli oppioidi, proprio come se consumassimo della droga.
Voi risponderete che, effettivamente, quando si ha una pizza sotto i denti, le sensazioni sono di assoluto piacere e non ci voleva certo uno scienziato per arrivare a tale conclusione.
Certamente, ma c’è un “ma”.
Incredibilmente, il proprio organismo rilascia sostanze che si collegano ai recettori degli oppioidi endogeni in maggiore quantità quando viene introdotta la bevanda senza sapore. Biologicamente parlando, al nostro corpo piace di più il miscuglio liquido che il trancio di pizza. In realtà sono stati valutati diversi parametri, oltre all’attivazione di queste aree del cervello. Si è visto che il senso di sazietà era maggiore dopo aver mangiato una pizza rispetto alla bevanda, il piacere nettamente a favore della pizza, il rilascio di insulina (uno dei tanti ormoni, quando in eccesso, che “partecipa” in tante patologie legate ai disordini alimentari) maggiore dopo il pasto liquido.
La cosa però strana è che, tornando all’attivazione dei recettori oppioidi e al senso di piacere – seppur superiore dopo aver mangiato la pizza – il cervello si attivava maggiormente in seguito all’assunzione del liquido senza sapore, quasi a volerne di più e nuovamente.
È vero quindi che il rilascio di oppioidi provoca piacere, ma non sempre il suo grado è legato alla concentrazione degli ormoni che lo regolano. Misteri della scienza.
Alla luce di quanto affermato, gli studi che indicavano sovrappeso e obesità legati esclusivamente ad un discorso di disregolazione ormonale erano tutti sbagliati?
No, come sempre, la scienza e la biologia sono (ancora) più complicate di quello che sembrano. Tali studi tenevano conto solo di esperimenti in vitro (su cellule) con ausilio di farmaci(4). Studi moderni invece si concentrano sul soggetto reale e l’organismo nella sua completezza che, nonostante biologicamente risponda a determinate regole, è composto da sistemi che lo fanno funzionare e sono “aggrovigliati” tra loro.
Il concetto di piacere-ricompensa non sempre funziona per spiegare situazioni fisio-patologiche particolari. Pensare che un soggetto obeso lo sia solo perché mangiare la pizza (o chi per lei) provoca godimento è scorretto, o incompleto.
Abbiamo visto anche che una bevanda senza sapore provoca lo stesso risultato, se non maggiore rilascio di ormoni; eppure i soggetti in studio avrebbero preferito mangiare un’altra pizza invece che un altro beverone.
Per quanto mi riguarda, i professionisti del settore dovrebbero avere, se hanno a cuore la salute delle persone, un atteggiamento un po’ meno rigoroso, direi anche meno presuntuoso. La biologia, l’endocrinologia, la biochimica sono materie scientifiche e rispondono a determinate regole ma, come alcuni sostengono, non siamo macchine, non siamo fatti di numeri, ma siamo oggetti e soggetti complicati, non sempre catalogabili in strette classi di studio. Un disordine è collegato ad un altro disordine, magari più intimo.
La pizza provoca piacere? Assolutamente si, come tanti altri tipi di cibo. La pizza fa ingrassare perché piace? Si, se la mangiamo senza controllo; se si esagera tutto fa ingrassare.
Sono grasso perché è colpa dei miei ormoni? “Si e no”, le situazioni di disordine nutrizionali devono essere trattate sia dal punto di vista ormonale ma anche dal punto di vista psicologico.
Se non mangio la pizza, dimagrisco? Non è detto. La pizza è un piatto che piace. Se ti piace una cosa mangiala pure.
Quello che devi curare è il tuo rapporto con il cibo, in maniera serena e distaccata, magari con l’ausilio di più professionisti. Partendo magari da uno stile di vita che separa lo sgarro dal quotidiano, come scritto in un nostro articolo.
- Berridge KC, Ho CY, Richard JM, DiFeliceantonio AG (2010), The tempted brain eats: pleasure and desire circuits in obesity and eating disorders.Brain Res ↩
- Berridge KC (2009), ”Liking” and “wanting” food rewards: brain substrates and roles in eating disorders. Physiol Behav ↩
- Jetro J. Tuulari et al. (2017), Feeding Releases Endogenous Opioids in Humans. The Journal of Neuroscience ↩
- Burghardt PR, Rothberg AE, Dykhuis KE, Burant CF, Zubieta JK (2015), Endogenous opioid mechanisms are implicated in obesity and weight loss in humans. J Clin Endocrinol Metab ↩