Siamo sicuri che una Pizzeria che offre tanti impasti sia migliore?
ne parlo nel mio nuovo “Lo Scassapizza”
Rubrica di Antonio Fucito — 3 mesi fa
Negli ultimi tempi mi capita sempre più spesso di entrare in pizzeria e trovare un menu con tante varianti di impasto: napoletana, romana, padellino, pala, doppia e tripla cottura. Una volta, invece, la tendenza era un’altra: farine integrali, spezie, curcuma, paprika e via dicendo. Per fortuna quasi tutte le pizzerie hanno accantonato quella fase, perché il risultato – almeno per me – era nettamente inferiore rispetto al classico impasto tradizionale.
Oggi, invece, ci si muove in un territorio più “serio”: le diverse tipologie di pizza, le stesure, le tecniche di cottura. Non è raro, ad esempio, trovare una pizza romana a Palermo o una napoletana a Bolzano. Molti pizzaioli stanno provando a inserire queste varianti nei loro menu, così che il cliente possa scegliere e magari tornare più volte incuriosito da un’offerta così variegata.
E allora mi sono chiesto: ma avere così tanti impasti è davvero un valore aggiunto? Oppure rischia di essere un’arma a doppio taglio?
La prima cosa positiva è ovvia: più scelta per il cliente. Se dopo aver provato l’impasto classico vuoi cambiare, puoi ordinare una romana, un padellino o una pala, invogliando sicuramente a tornare.
Inoltre, è giusto che tipologie diverse abbiano spazio. La romana, ad esempio, sta vivendo una seconda giovinezza ed è perfetta per chi cerca un morso croccante e leggero, mentre il padellino può esaltarsi su certe preparazioni, per quanto mi riguarda soprattutto in relazione alle pizze dolci.
E poi c’è l’aspetto del gusto personale: non tutti amano una tipologia specifica, e offrirne di più significa allargare il target e soddisfare anche chi è in cerca di nuove esperienze.
Dall’altra parte, però, i rischi sono parecchi, innanzitutto il voler fare tutto, ma peggio. Mi è capitato infatti di ordinare ad esempio una pizza con stesura a “ruota di carro” e trovarmi davanti a una creazione che della ruota di carro ha solo il nome, senza le giuste dimensioni, senza la giusta lavorazione, con un risultato addirittura inferiore al panetto “base” in termini di tenacità al morso.
Oppure il padellino: può essere fantastico, ma quante volte mi è capitato di trovarlo troppo alto per il boccone, o con una consistenza non all’altezza delle aspettative?
Un altro problema è la gestione in sala: tempi più lunghi, forni diversi, organizzazione complessa. Non tutte le pizzerie sono attrezzate per gestire bene tre o cinque impasti differenti.
E poi c’è la questione dell’identità. Una pizzeria che vuole accontentare tutti rischia di scontentarne un bel po’, senza emergere realmente con il proprio impasto e menu rispetto alle tante pizzerie buone che oggi popolano lo stivale in lungo e in largo. Il risultato? Una perdita di carattere.
Personalmente preferisco innanzitutto le pizzerie che hanno un’identità chiara: un impasto forte, curato nei minimi dettagli, fino alla creatività negli abbinamenti e il perfezionamento degli amati classici. Avere una o due alternative ci sta, anzi può arricchire in maniera positiva l’offerta, ma non approfondirli e realizzarli a dovere mi fa pensare più a un esercizio di stile che a una scelta ragionata.
In tal senso forse non ho ancora trovato una pizzeria che riesca a realizzare tante tipologie al 100% del proprio potenziale, di solito c’è sempre un’alternanza di risultato e questo, da cliente, abbassa il giudizio complessivo.
Come sempre vige la regola del “meglio poche cose fatte bene, che tante fatte male” magari, poco alla volta, aumentando l’offerta in maniera ragionata e mantenendo sempre un’ottima qualità complessiva.
Qui sotto trovate la puntata dedicata a questo argomento del podcast “Lo Scassapizza”.
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