La sorprendente 250 Grammi a Pavia (recensione)

una pizzeria poco conosciuta, ma che ci ha sorpreso decisamente

Recensione di Pokerman — 1 anno fa

Papaccella (250 grammi Pavia)

Amanti della pizza a canotto, mi rivolgo (soprattutto) a voi, per farvi un regalo chiamato 250 Grammi. È una delle mie pizzerie preferite, di quelle in cui appena esserne uscito mi viene subito voglia di tornare. Caso abbastanza unico per me, perché non si tratta di una pizzeria di Milano o dintorni e per arrivarci bisogna fare un po’ di strada arrivando fino a Pavia.
Personalmente ho conosciuto questa pizzeria grazie a una mia amica, una vera appassionata di cornicioni giganteschi che è particolarmente esigente sugli impasti. Potete ben immaginare la mia reazione quando, circa due anni fa, mi aveva scritto dicendo di aver trovato una pizzeria sensazionale: alla prima occasione utile mi sono fiondato a Pavia a testare questa supposta meraviglia. La mia amica non aveva mentito e con le pizze di 250 Grammi è stato amore a prima vista.
Sono due le cose che non mi riesco a spiegare di questa pizzeria. La prima è come facciano ad ottenere sempre, ma proprio sempre, un impasto così straordinario. La seconda è come mai nessuno ne parli dato che non compare in nessuna classifica nazionale, non è conosciuta al di fuori di Pavia e non viene visitata da blogger. Nel mio piccolo oggi voglio farvela conoscere e, credetemi, merita tantissimo. Lo farò come faccio sempre, raccontandovi una mia serata.

Dopo mesi di racconti entusiastici e foto inviate cercando di solleticare l’appetito, o quantomeno la curiosità, finalmente qualche giorno fa sono riuscito a convincere uno dei miei amici più esperti di pizza a venire con me fino a Pavia per provare quello che gli ho descritto come “il miglior canotto della sua vita”. Avrò esagerato? Forse, ma – piccolo spoiler – a fine cena il mio amico non ha avuto nulla da ridire.
Sotto Natale muoversi in macchina da Milano è sempre tragico, ma dopo un lungo viaggio tra traffico e pioggia arriviamo finalmente a destinazione. Per la nostra serata ho scelto la sede storica di 250 Grammi, quella in centro. Ce ne sarebbe anche una seconda, appena fuori Pavia, ma l’unica volta in cui sono andato ho trovato un livello leggermente meno alto e da allora ho sempre preferito andare nella prima sede. Il locale è piccolo e si sviluppa a ferro di cavallo intorno a un forno centrale, ben visibile sin dall’entrata. L’arredamento è semplice, generico, senza rimandi né a Napoli né a stili particolari. Da fuori non si può dire che sia un posto che attira l’attenzione, insomma. Il personale però è veloce e attento ed in men che non si dica ci fa accomodare a un tavolino e ci porta il menù. La carta è quasi tutta dedicata alle pizze. In totale sono circa una ventina di proposte divise tra “Classiche”, “Campane”, “Gourmet” e delle fuori menù scritte su dei fogli volanti.

Lo scetticismo iniziale del mio amico svanisce quando vede passare le prime pizze destinate ad uno dei tavoli vicini. Sono belle, sono invitanti e incredibilmente perfette. Già con l’acquolina in bocca, concertiamo il piano di battaglia: 4 pizze in 2; il mio amico ne mangerà 1/4 di ognuna ed io i restanti 3/4. Per iniziare non c’è male, ma so già che qui difficilmente mi limiterò a 3 pizze.

Il primo round prevede una sfiziosa fuori menù e una più tradizionale Carrettiera. La prima consiste in una base di crema di zucca, su cui, a fine cottura, vengono aggiunte stracciatella e una tartare di gambero. La seconda invece è una classica salsiccia e friarielli con fior di latte, leggermente rivisitata dato che i friarielli sono in crema e la salsiccia è di carne di bufala.

Penso che le immagini parlino da sole; la vista delle pizze che ci vengono servite è quasi commuovente. Il cornicione è una muraglia perfettamente uniforme che incornicia splendidamente le farciture. Alto, morbidissimo, e fragrante: queste pizze sono vere regine tra i canotti. Se la vista è più che appagata il sapore è ancora meglio. Ottimo il bilanciamento tra le materie prime e delicato il risultato finale nonostante l’abbondanza della farcitura. Questa delicatezza si rivela intrigante nella pizza fuori menù mentre, forse, rende meno interessante la Carrettiera, da cui invece mi sarei aspettato una spinta in più. In ogni caso sono due piatti magnifici e la cameriera non fa in tempo a girarsi che io e mio amico ci troviamo davanti i piatti vuoti.

Con il secondo round replichiamo la struttura pizza tradizionale più particolare come fatto col primo. Le prescelte sono una Capricciosa scelta tra le fuori menù, e una Papaccella.

La prima non ha bisogno di presentazioni anche se, quando ci viene portata, rimango un filo deluso dalla presentazione: il prosciutto cotto non è certo valorizzato e quelle scagliette quadrate di grana mi fanno tristezza. La bellezza del bordo gonfio d’aria e la bontà degli altri ingredienti (fior di latte, olive, pomodori gialli e rossi e carciofi arrostiti) mi fanno però perdonare questi errori di presentazione. Il sapore mi fa infine mettere una pietra sopra alla prima impressione: è un’ottima Capricciosa.
La quarta pizza che ci viene portata è una vera prelibatezza. La base è una crema di peperoni Papaccelle fatta davvero come si deve, non risulta invasiva e accompagna benissimo l’impasto, su cui si aggiunge salsiccia di bufala e stracciatella. Per darvi l’idea di quanto fosse buona, vi dico solo che il mio amico, invece che il quarto concordato, se ne è mangiata mezza. Non che possa perdonarlo, ma come dargli torto: era davvero pazzesca!

Non pago di queste quasi 3 pizze mangiate, fermo la cameriera mentre mi cerca di togliere le posate. Il posto merita una quarta pizza. Per un momento resto indeciso su cosa ordinare. Ne vorrei provare diverse, ma quando si è nel dubbio è meglio andare sulle certezze e così opto per una bella Margherita.
Bella è bella, c’è poco da dire.

I colori accesi e quel bel cornicione che chiede di essere morso… in un attimo la pizza scompare dal piatto. Non sarà una Margherita da Nobel, sono d’accordo, ma datemi una Margherita così ed io sarò felice.
Per nulla appesantiti – avrei potuto tranquillamente mangiarne un’altra ma la mia dignità ed il mio portafoglio hanno un limite – ci concediamo un caffè e torniamo con calma alla macchina.

Margherita (250 grammi Pavia)

Spero che dalle foto si sia potuto percepire, almeno in parte, l’eccezionalità di 250 grammi. Come detto all’inizio, una delle cose che più mi lasciano perplesso è l’impasto. Il locale dichiara di fare panetti da 250 grammi (medio-piccoli dunque), che conserva in contenitori singoli (invece che nelle classiche vasche) e di tenere un’idratazione all’80% (altissima, più da pizza in teglia che da pizza tonda). Non che siano cose sufficienti a garantire un buon prodotto, anzi, potrebbero rivelarsi un boomerang, ma personalmente non ho mai sentito di un’altra pizzeria che faccia così. Fosse tutta qua la peculiarità però questa pizzeria non sarebbe così straordinaria. Ciò che è davvero unico è la costanza: in due anni non ho mai e dico mai visto al mio tavolo o ad uno dei tavoli a fianco una pizza meno bella di quelle che vedete in foto. Non una pizza cruda, non un angolo bruciato e, cosa che non ho mai trovato in nessuna altro posto, non un lato del cornicione schiacciato: le pizze di 250 grammi sono ben cotte e di una regolarità spaventosa.
È dunque la pizza perfetta? No, non posso dire questo. Posto che si tratta di un genere che deve piacere, questa pizza ha delle caratteristiche molto particolari che possono piacere o meno. Ad esempio io non gradisco l’eccesso di semola di spolvero e gradirei un po’ più di sapore nell’impasto che, invece è molto delicato. D’altro canto apprezzo tantissimo l’omogeneità della struttura del cornicione: non ha bolle vuote e allo stesso tempo non è mai compatto. Ricorda una focaccia leggerissima con una consistenza morbida e poco elastica. È innegabile è che si tratti di un prodotto davvero incredibile.
Confrontandomi con amici pizzaioli ho cercato di capire come potrebbe essere fatto questo impasto. La maggior parte sostiene che usino biga o comunque una sorta di preimpasto che li aiuta a far gonfiare il cornicione e ad ottenere un panetto facilmente lavorabile. A parte che questo non spiegherebbe come mai nessuna altro riesca ad aver un prodotto così standardizzato, in realtà nessuno di quelli con cui ho parlato – al momento – è voluto o potuto andare a provare questa pizza di persona. Se dovessi scommettere, giudicando dal sapore e dal risultato che ricorda una focaccia, sarei più del parere che si tratti di un impasto diretto gestito molto molto bene. Non ne ho però la certezza: non l’ho mai chiesto ai diretti interessati. Forse per pigrizia, forse perché non li conosco, o forse perché mi piace pensare che ci sia un segreto, una sorta di magia dietro la pizza di 250 Grammi. Vi invito però a provarla e a farmi sapere il vostro parere. Attenzione solo a una cosa: crea dipendenza.

Questa recensione fa parte della rubrica “A spasso con Pokerman” di Giorgio Gemma, che comprende articoli esperienziali e molto personali in giro per le pizzerie di Milano e non solo.

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