Fa gola al solo pensiero, accompagna da protagonista la pizza e tante preparazioni da ristorante, regge tranquillamente il confronto solitario col piatto. La Mozzarella di Bufala Campana è una delle eccellenze assolute della gastronomia italiana, quell’oro bianco che ci invidiano ovunque e che sprizza gioia – letteralmente – da tutti i pori.
Per tutelarne l’origine, la provenienza e la lavorazione, nel 1981 è nato un Consorzio riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali; nel 1996 la mozzarella è stata iscritta al registro delle DOP, a cui è legato un disciplinare di produzione e lavorazione.
Nel dettaglio sancisce la provenienza del latte e la trasformazione della materia prima in alcune province della Campania, del basso Lazio, del Molise e dell’alta Puglia. Un prodotto fresco, da conservare nella sua acqua di governo a temperatura ambiente, il cui latte deve essere lavorato entro 60 ore dalla mungitura, assieme a una serie di altre regole “classiche” che comprendono la dicitura sulla confezione.
Tra il volume di affari delle DOP, la filiera è preceduta solo da Parmigiano Reggiano e Grana Padano, ma come tante ha subito un calo importante di richiesta e conseguente fatturato. Rimane inoltre tra i prodotti più contraffatti, giocoforza, sull’altare delle sue proprietà e di tutta la macchina della comunicazione che è capace di generare. Con un po’ di confusione poi, come sempre, sulle nomenclature: tra mozzarella di bufala e mozzarella da latte di bufala, ad esempio, c’è enorme differenza, che solo chi è attento può cogliere in fase di acquisto finale o di somministrazione.
Detto questo, nel luglio 2020 sono stati pubblicati dati preoccupanti che evidenziavano un calo del 25% di fatturato e del 20% delle quantità; nel tentativo di arginare e dare supporto, già a marzo, c’è stata una modifica temporanea al disciplinare che autorizza i caseifici ad utilizzare il latte di bufala congelato per l’ottenimento della Mozzarella di Bufala Campana DOP, secondo le modalità che trovate elencate nel documento.
La scadenza di tale modifica, inizialmente prevista per il 31 dicembre 2020, è stata prorogata al 30 giugno 2021 con un successivo decreto, salvo ulteriori sviluppi legati al COVID-19. Stessa sorte è toccata, ovviamente con altre modifiche, al Parmigiano Reggiano ed altri prodotti DOP: trovate tutto a questo indirizzo.
Le discussioni e polemiche sulla mozzarella congelata
Contestualmente ai dati dello scorso luglio, Pier Maria Saccani, attuale direttore del Consorzio, ha riportato in auge la questione del disciplinare, “denunciando” la situazione economica e ribadendo che sarebbero necessarie alcune modifiche, tese a renderlo più snello e orientato verso l’esportazione.
Le ultime “avvisaglie” in tal senso c’erano state nel 2017, quando proprio il Consorzio aveva avviato la domanda/iter – a oggi caduta in un nulla di fatto – per una versione “frozen” della mozzarella di Bufala Campana DOP, chiaramente indicata sulla confezione, assieme ad altre modifiche come l’introduzione di nuovi formati che superano i 3Kg.
Le polemiche e le prese di posizione non sono mancate, come prevedibile, ma proprio in questi giorni sono state ravvivate con forza in seguito a un servizio andato in onda durante la rubrica “Gusto” del TG5, nel corso della quale Franco Pepe (pizzeria Pepe in Grani) ha proposto una ricetta di pizza fritta con mozzarella di bufala campana DOP successivamente congelata e quindi grattugiata sulla propria creazione.
Non sono mancati i botta e risposta indiretti tra pizzaioli, affermazioni sulla paternità dell’idea (a oggi ci sono diversi chef che utilizzano l’abbattimento della mozzarella), una sequela di articoli acchiappa-click con tutto e il contrario di tutto, fino a un’interrogazione parlamentare da parte del deputato Paolo Russo, già in passato sensibile all’argomento.
Il discorso, come sempre, è più complesso e delicato rispetto alla sua patina mediatica, poiché coinvolge esigenze economiche e di tutela sull’artigianalità.
Le modifiche ipotizzate potrebbero portare infatti a un ampliamento del mercato e del volume di affari, così come alla fruizione maggiore del prodotto; anche attentare alle fondamenta artigianali, però, potrebbe portare a un possibile instradamento verso l’industria e maggiori pericoli di contraffazione.
Un delicato equilibrio che rischia di essere governato dalla classica “bomba fumogena” che distoglie l’attenzione per far passare oppure bloccare modifiche troppo inclini verso una delle due esigenze sopraccitate.
Inutile, a ogni modo, far finta che l’espansione estera non faccia gola e non debba essere presa in considerazione, inutile far finta che nel 2021 non esistano strumenti e considerazioni differenti da fare rispetto a qualche anno fa, senza per forza dover “inquinare” la storia di un prodotto artigianale e le sue incredibili qualità organolettiche.
Su queste ultime siamo tutti concordi, sulla qualità massima e il prodotto fresco pure; per quanto riguarda il congelamento, invece già nel 2017 la chef stellata Rosanna Marziale affermava:
«Nell’ottica di fornire ai mercati internazionali un prodotto il più sicuro possibile dal punto di vista della qualità e della salute, che mantenga inalterate le sue qualità organolettiche, ritengo non ci si debba preoccupare eccessivamente nel considerare la possibilità di esportare un prodotto congelato».
«La moderna tecnologia ci permette non solo di avere vantaggi oggettivi ma anche di essere maggiormente tutelati come consumatori, garantendoci attraverso l’abbattimento delle temperature l’eliminazione di tanti elementi nocivi negli alimenti, non vedo perché escludere questa possibilità anche nel settore della produzione della mozzarella di bufala destinata all’export».
«Meglio dare anche ad un canadese la possibilità di consumare un prodotto integro e di qualità ad un prezzo consono piuttosto che proporgli qualcosa che neppure lontanamente somiglia alla mozzarella di bufala, né dal punto di vista della resa del prodotto, tantomeno per il gusto, rovinando così l’esperienza gustativa di uno dei gioielli del nostro Made in Italy».
Parole semplici e condivisibili, che si possono coniugare verso ogni esigenza e migliorando i controlli e la chiarezza. Ad esempio ipotizzando una versione congelata solo per l’esportazione, indicandola chiaramente in etichetta, imponendo comunque la provenienza del latte, delle zone di produzione e dei metodi di lavorazione. Non di rado nei miei viaggi all’estero ho mangiato mozzarella di Bufala DOP oramai “andata” in termini di freschezza oppure pallide imitazioni che mi hanno messo tristezza.
È un po’ concettualmente il discorso che abbiamo fatto sui forni a gas ed elettrici per la cottura della pizza: anziché prendere posizioni di pancia dal taglio miope, sarebbe bene regolamentare e dichiarare con correttezza ogni regola/passaggio.
Tanto, ritornando al discorso Mozzarella di Bufala Campana DOP, i pericoli di contraffazione ci saranno sempre, chi proverà a fregare il sistema pure. Solo con la trasparenza, controlli chiari e puntuali, procedure snelle e l’eliminazione delle “zone grigie” si potrà provare a preservare, modernizzare e al contempo esaltare il vero prodotto artigianale. Compresa la storia che si porta sulle spalle, in grado perfino di trascinare il turismo in tempi pre e post Coronavirus.