La Pizza fritta è pericolosa per la nostra salute? Dipende
Una spiegazione scientifica sul perché mangiarla o meno
Rubrica di Francesco Margheriti — 2 anni fa
L’Associazione Verace Pizza Napoletana (AVPN) ha finalmente assegnato le tabelle di certificazione a otto pizzerie che trattano la Pizza Fritta, potremmo dire la ‘sorellina’ della pizza napoletana cotta nel forno. Ciò vuol dire che questa tipologia di pizze entra, senza se e senza ma, nell’elenco di quei prodotti che devono essere fatti in una precisa maniera se vogliono essere definiti come tali, perlomeno se si vuole seguire le linee guida di una delle associazioni di categoria più conosciute.
Ma la pizza fritta come si inserisce nel Paese simbolo delle Dieta Mediterranea, patrimonio dell’UNESCO? Quel termine “fritta” sembra un po’ stonare con i discorsi legati alla salute che si fanno quando si parla di alimentazione italiana e mediterranea. Anche io, da quando ne ho memoria, posso dirvi che sul fritto ne ho sentite di cotte e di crude, quasi come se i concetti biochimici che ci sono dietro a tale preparazione seguissero la moda del momento. Ci sono stati momenti in cui il fritto faceva male a prescindere, altri in cui il fritto era associato solo alla quotidianità culinaria di persone fuori forma, poi è stato detto che andava bene ma solo se veniva usato olio extravergine d’oliva: come qualcuno ha sempre sostenuto, la verità sta nel mezzo e, tranne per casi particolarissimi, è la dose che fa il veleno.
I problemi legati a qualcosa di fritto sono il tipo di olio che viene utilizzato (e il suo punto di fumo) e l’eccessiva introduzione calorica causata dall’olio stesso che bagna gli alimenti e i condimenti che accompagnano tali leccornie. Tendenzialmente il prodotto, quando parliamo di una buona e gustosa frittura, deve friggere a temperature molto alte: ogni tipo di olio, sia da frutto che da semi, ha un suo punto di fumo, una temperatura oltre la quale non si dovrebbe andare perché in quel modo si vanno a formare delle sostanze pericolose per la salute, come l’acrilammide(1) e l’acroleina.
Quando si parla di olio, attenzione al punto di fumo!
Raggiunto il punto di fumo, l’olio comincia a degradarsi e a ossidarsi, con la glicerina che si stacca dall’acido grasso caratteristico di quel determinato olio e conseguente ossidazione che diventa sempre più veloce. Bisogna quindi saper scegliere l’olio adatto(2) perché ogni olio ha una sua stabilità. Gli oli ricchi di grassi polinsaturi, come quello di mais e di soia degradano più velocemente, mentre quelli ricchi di acidi grassi monoinsaturi, come l’olio d’oliva extravergine, di nocciola o di arachidi, che sono ricchi di acido oleico, sono molto più stabili, con un punto di fumo superiore.
Infine quelli con grassi saturi, come quello di strutto o di palma, sono quelli più stabili e più resistenti all’ossidazione. Altra caratteristica importante è l’acidità dell’olio: più questa è bassa, più il punto di fumo è alto. L’olio di canola, una varietà della colza, ha un punto di fumo molto alto, vicino i 240° C, a causa anche della sua bassa acidità.
La scienza ci dice che la produzione di aldeidi da parte della degradazione di un particolare olio potrebbe provocare un aumentato rischio legato a problematiche cardiovascolari(3), un aumento della pressione arteriosa e una diminuzione del “colesterolo buono” HDL. Addirittura uno studio ci indica che assumere tutti i giorni prodotti fritti e pre-fritti, porta a un aumento dell’8% della possibilità di morte prematura(4). A un certo punto, nutrizione e cucina spingevano per l’utilizzo dell’olio extravergine di oliva come olio per la frittura ma, come sempre, anche in questo caso le cose sono un po’ più complesse.
Vero è che l’olio di oliva è ricco di antiossidanti e sostanze benefiche per la nostra salute ma è anche vero che per friggere bisogna fare molta attenzione a non superare i 180° C. In contrapposizione a questo ci sono gli oli di semi e quelli raffinati. Anche qui, la diatriba fra chi è a favore e chi è contro è da sempre aperta: da un lato abbiamo quelli che dicono che gli oli raffinati sono i più sicuri in quanto più un olio è raffinato più questo ha un punto di fumo alto, dovuto al fatto che essendo raffinato chimicamente, contiene solo trigliceridi e nessuna impurezza (acidi grassi liberi che si ossidano velocemente).
È fondamentale scegliere la giusta tipologia di olio
Dall’altro abbiamo coloro che dicono che gli oli raffinati sono il male perché la raffinazione avviene attraverso processi chimici non naturali, che li hanno deodorati, decolorati e deidrogenati. La verità? La mia verità è quella, come sempre, di carpire la media: perché non usare un olio raffinato, con acidità bassa e punto di fumo alto, addizionato con un poco di olio extravergine di oliva, utile per il sapore e per i benefici alla salute che comunemente sono associati al frutto dell’ulivo? La frittura poi, proprio come concetto alimentare e mega contenitore (che va oltre la pizza fritta) è sempre stata associata a una persona fuori forma. Ma perché…chi ha avvicinato questi due concetti?
In realtà mangiare roba fritta non è tanto peggio, con le dovute proporzioni, che mangiare una spaghettata con aglio, olio e peperoncino. La frittura abbassa il carico glicemico, migliorando la risposta insulinica e l’insulino-resistenza quindi non è sconsigliato inserire il fritto in un piano nutrizionale per soggetti diabetici o con sindrome metabolica(5). La frittura aumenta la digeribilità del prodotto, in quando l’alta temperatura di cottura lo disidrata e lo rende maggiormente digeribile.
La stessa reazione di Maillard, spesso accusata del male del mondo, ci viene in aiuto perché quando si frigge un prodotto che contiene amido, intorno a questo si forma una crosticina dorata. Questa crosticina fa da barriera all’entrata dell’olio nel prodotto, rendendolo meno calorico. Ma mi raccomando, il prodotto non deve essere pre-fritto, altrimenti l’inzuppamento di olio avviene eccome. Ancora, la frittura migliora la motilità della colecisti con un’azione coleretica e colagoga; avviene perché, in parole molto povere, una volta che il prodotto deve essere digerito, richiama molta bile, facendo contrarre e decontrarre la colecisti(6).
La frittura in generale, la pizza fritta, possono e devono essere consumati senza troppi patemi (ovviamente non come alimento quotidiano, leggete Abbasso la Diet Culture, la pizza può essere mangiata sempre.). Logico che se siete soggetti che hanno una situazione fisio-patologica compromessa sarebbe meglio fare attenzione e chiedere al proprio medico o nutrizionista come comportarsi ma, di base, se questa tecnica viene eseguita a modo, con regole precise, forse più precise che con la cucina “normale”, grandi pericoli non se ne corrono.
Importante la scelta dell’olio, della sua acidità, della sua stabilità, del suo punto di fumo, importante l’utilizzo di pentole adatte e termometri. Se poi si vuole friggere una volta ogni tanto e non si ha la possibilità di usare strumenti precisi, allora consiglio di usare un olio raffinato con punto di fumo molto alto.
Non si avrà in bocca quel sapore caratteristico di olio da frutto ma, probabilmente, non porterete l’olio oltre il suo punto di fumo con tutte le conseguenze del caso. Nel mentre, se volete adoperarvi e divertirvi, potete seguire la ricetta per preparare la pizza fritta fatta in casa di Enzo Coccia.
- Acrylamide in Health and Disease; Kaci N Pruser; Frontiers in Bioscience, 2011
- Choice of cooking oils–myths and realities; S Sircar; Journal of Indian Medical Association, 1998
- Acute effects of different types of oil consumption on endothelial function, oxidative stress status and vascular inflammation in healthy volunteers; D Tousoulis et al.; The British Journal of Nutrition, 2010
- Fried food linked to heightened risk of early death among older US women; Science Daily, 2019
- Food fried in extra-virgin olive oil improves postprandial insulin response in obese, insulin-resistant women; Farnetti S et al.; Journal of Medical Food, 2010
- Role of nutrient fat and cholecystokinin in regulation of gallbladder emptying in man; F Froehlich; Digestive diseases and sciences, 1995