La pizza è un alimento conosciuto ovunque e piatto rappresentativo della Dieta Mediterranea nel mondo che, ricordiamo, è Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO da novembre 2010. Ha una base semplice ma, a livello regionale e mondiale, ha subito varie modifiche sia nelle preparazione che nella composizione, al punto che la Verace Napoletana è affiancata da tante diverse tipologie dai sapori e lavorazioni estremamente soddisfacenti.
Questo interesse culinario ha solleticato anche l’interesse scientifico perché, al contrario di chi vuole fare il negazionista a priori, la scienza è al servizio delle persone. Essendo un pasto così conosciuto, “semplice” da creare e soprattutto mangiare, perché non addentrarsi nei meandri della salute e cercare di capire, attraverso l’osservazione, quanto può incidere sulla salute del nostro organismo, sia in positivo che in negativo?
Sulla pizza girano tante dicerie spesso fomentate anche da addetti ai lavori, purtroppo. Dietologi e nutrizionisti non di rado eliminano del tutto l’uso della pizza nei piani alimentari. Quando parlo con qualcuno che, a mio modo di vedere, spesso ha subito un’ingiustizia, chiedo: “Hai chiesto al collega il perché di tale scelta?”. Le risposte sono sempre vaghe, quasi a confermare quella confusione che c’è intorno alla pizza, vista, e ancora non ho capito il perché, come il male dei mali.
Paura, credenze, convinzioni senza fondamento, magari fretta, voglia di non approfondire il tema, portano la pizza ad essere la prima rinuncia quando si parla di dieta o corretta alimentazione.
Ma la scienza, quella che lavora nei laboratori, quella fatta da persone che passano ore e ore a leggere dati, confrontarli, contestualizzarli, che aspettano che avvenga quella determinata reazione chimica che può confermare o ribaltare (cit.) il risultato, cosa ne pensa?
Tanti sono stati gli studi nel corso degli anni che hanno avuto come oggetto la pizza e gli ingredienti principali che troviamo in essa, come l’olio extravergine, le olive, il pomodoro, la mozzarella.
Ogni singolo studio ci ha dato piccole indicazioni su come utilizzare questi elementi e tale alimento per migliorare la nostra salute.
La pizza ha portato anche al Dott. Gallus, epidemiologo dell’Istituto Mario Negri di Milano, un premio, l’ IgNobel, premio sicuramente bizzarro ma che, tralasciando la parte scherzosa, deve avere una base scientifica forte come fondamento dello studio premiato.
Se i singoli alimenti che compongono la pizza, come abbiamo visto nelle scorse puntate, sono legati favorevolmente alla salute dell’uomo, mangiare l’alimento in toto, una fetta come una pizza intera, che genere di rapporto può avere con la salute cardiovascolare? E’ questo il quesito che si sono posti alcuni ricercatori italiani, tra i quali il solito Gallus, andando ad analizzare dei dati emersi da studi caso-controllo durati anni(1).
Nello specifico si sono concentrati sul collegamento fra consumo di pizza ed infarto del miocardio acuto (IMA).
Lo studio, pubblicato nel 2004, ha preso in esame 507 pazienti di un ospedale di Milano, di cui 378 uomini e 129 donne, con un’età media di 61 anni, che hanno subito un evento IMA non fatale, e altri 478 soggetti (297 uomini e 181 donne, con un’età media di 59 anni) presenti sempre in ospedale per altri tipi di situazioni non gravi, come traumi, fratture, problemi metabolici e altro, ricoverati fra il 1995 e il 1999.
Tutti e due i gruppi sono stati sottoposti a questionari strutturati in cui si valutavano informazioni socio-demografiche, abitudini alimentari, stili di vita, vizi, passatempi, attività fisica, patologie pregresse, valori antropometrici e familiarità per alcune malattie.
La parte del questionario legato alle abitudini alimentari constava di 78 domande che includevano, naturalmente, anche quelle specifiche sul “mondo pizza”, come, chiaramente, il numero di porzioni consumate a settimana, dove una porzione equivaleva a 200 grammi.
I gruppi furono quindi suddivisi in quattro sottogruppi, ovvero non consumatore, consumatore saltuario (da una a tre porzioni al mese), consumatore abitudinario (una porzione a settimana) e consumatore frequente (almeno due porzioni a settimana).
I risultati dei questionari mostravano dati che erano positivi per un gruppo e negativi per l’altro, ma, sommandoli, le fortune erano alterne. Se si prendeva come riferimento un valore specifico, magari i controlli avevano un punteggio migliore rispetto ai casi, ma, prendendo poi un altro valore di riferimento, il risultato si ribaltava.
Questo mostrava che i soggetti erano eterogenei, molto diversi fra loro, e rappresentavano bene la popolazione generale, soprattutto quella italiana. Inoltre non c’era un valore univoco che distingueva i due gruppi.
La cosa che fece riflettere, però, è che i soggetti che presentavano un maggior consumo di pizza (una porzione a settimana) mostravano una presenza di IMA accennata o non presentavano difficoltà cardiovascolari oltre a valori come BMI (indice di massa corporea) e soprattutto ematici che indicavano una salute dell’apparato cardiovascolare migliore rispetto a chi non consumava la pizza con regolare frequenza. Tutto questo al netto delle differenze che caratterizzano ogni persona che può leggere questo articolo, come età, attività fisica, sesso, abitudini.
Si presume che queste caratteristiche salutari siano insite nella pizza fatta in Italia (quindi con quella di Chicago non dovrebbero valere le stesse conclusioni: povera Deep Dish Pizza) perché gli alimenti che abbiamo menzionato prima e che caratterizzano la pizza napoletana prima e appunto la classica italiana poi, riescono ad apportare all’organismo di chi mangia regolarmente pizza quel mix di micro e macronutrienti utili alla salute generale e cardiaca della persona (2, 3, 4).
Per questi motivi la pizza, a detta dei ricercatori, dovrebbe essere presa come esempio per descrivere la qualità della cucina italiana, perché porta con sé tante caratteristiche salutari confermate poi dai vari studi fatti sui singoli elementi che la compongono.
Se la Dieta Mediterranea è considerata come l’approccio migliore per una vita lunga e in salute, la pizza ne fa e ne deve far parte, senza ombra di dubbio.
- Pizza and risk of acute myocardial infarction; Gallus et al.; European Journal of Clinical Nutrition; 2004 ↩
- Olive oil consumption and risk of non-fatal myocardial infarction in Italy; Bertuzzi et al.; Internationl Journal of Epidemiology; 2002 ↩
- Does pizza protect against cancer?; Gallus et al.; International Journal of Cancer; 2003 ↩
- Dietary lycopene, tomato-based food products and cardiovascular disease in women.; Sesso et al.; Journal of Nutrition; 2003 ↩