UNESCO: “Revochiamo il titolo di patrimonio dell’umanità alla pizza napoletana”

La commissione italiana sta pensando di escludere i pizzaiuoli napoletani dalla lista in cui sono entrati nel 2017

News di Garage Pizza Bot — 3 anni fa

UNESCO

Dopo soli tre anni arriva la doccia fredda: l’UNESCO starebbe valutando di revocare il titolo di Patrimonio Orale e Immateriale dell’Umanità all’arte del pizzaiuolo napoletano.

Come tutti sappiamo, il 7 dicembre 2017 è stato celebrato l’ambito riconoscimento dopo una campagna mondiale durata tre anni, portata avanti dal ministro Alfonso Pecoraro Scanio e le associazioni di categoria AVPN (Associazione Verace Pizza Napoletana) e APN (Associazione Pizzaioli Napoletani).
Si trattò della campagna di candidatura UNESCO più popolare di tutti i tempi, ed ebbe una massiccia attenzione mediatica. Ogni anno se ne celebra il riconoscimento. Proprio durante gli ultimi festeggiamenti, lo scorso gennaio Pecoraro Scanio dichiarò quanto fosse importante istituire anche una Giornata Mondiale del Pizzaiolo.

Ma un rapporto della Commissione Italiana, redatto dal veneziano Massimo Riccardo Angeloni, dopo un’attenta analisi di monitoraggio degli ultimi tre anni dall’inserimento, la pensa diversamente.
Non tutti sanno, infatti, che l’inserimento nella lista dei Patrimoni UNESCO non è permanente, ma periodicamente viene valutato se esistano ancora le condizioni per cui sia giustificabile. Questo vale per i siti geografici, così come per i patrimoni immateriali.

Nel caso dell’arte del pizzaiuolo napoletano, nel rapporto si legge la seguente dichiarazione:

“L’inserimento nella lista aveva lo scopo di valorizzare un’arte secolare che si è diffusa nel mondo grazie all’opera di divulgazione degli artigiani napoletani stessi. Si è pero riscontrato come oggigiorno la comunicazione e la diffusione del sapere, il linguaggio, le tradizioni e i rituali di quest’arte siano diventate ormai appannaggio di terze parti. Gli elementi essenziali dell’arte vengono appresi, interpretati e rielaborati da popolazioni straniere, laddove invece gli artigiani napoletani stessi permangono protettivi e gelosamente custodi di un sapere che ormai non viene tramandato neanche più nell’ambiente familiare (dal momento che le nuove generazioni non tendono più a seguire le orme dei genitori come un tempo). Così facendo, implicando la morte della tradizione nel luogo stesso che l’ha generata”.

Il paradosso è quindi che lo stesso inserimento in una sorta di categoria protetta, che avrebbe dovuto stimolare l’orgoglio dei suoi appartenenti a diffonderne la cultura, ha generato invece una reazione contraria per la quale i rappresentanti si sono adagiati sull’espressione “la mia arte è Patrimonio UNESCO”, come se questo bastasse a garantirne la continuità.

Non solo, perché la relazione prosegue:

“Abbiamo inoltre verificato un caso di interpretazione non corretta dell’inserimento nella lista, che non è mai stato riscontrato in precedenza. Si è diffusa l’errata convinzione che, in una lista di Patrimoni Immateriali, l’inserimento sia stato attribuito in favore di un prodotto materiale. In Italia si dichiara troppo superficialmente che la pizza napoletana è Patrimonio UNESCO, un’informazione falsata che ha trovato terreno fertile anche con la complicità della stampa di settore e non. Fino ad arrivare al paradosso estremo in cui decade addirittura la specifica di ‘napoletana’, rendendo la confusione ancora più assoluta”.

“Per questi motivi” conclude la relazione “riteniamo che se entro la data del prossimo 7 dicembre non avremmo assistito a miglioramenti culturali in questo senso, la revoca dalla lista dei Patrimoni possa anche rappresentare un segnale forte per sottolineare che una candidatura UNESCO comporta delle responsabilità”.

Questo è quello che è stato riportato sulla relazione consegnata alla Commissione UNESCO. In realtà, però, sono trapelate altre motivazioni che sono state tralasciate dal documento, ma che sembra abbiano comunque influenzato la decisione. Angeloni avrebbe infatti dichiarato:

“L’inserimento nella lista avrebbe potuto portare davvero tanti benefici all’ambiente culturale napoletano. Ma è stato accolto con troppa superficialità e anche, forse, travisato. Adesso i napoletani se ne sono usciti che vogliono candidare pure la cultura del caffè espresso napoletano. Manco l’avessero inventato loro. Che poi lo sanno tutti che lo bruciano. Ma ditemi voi, ma che cultura ci sarebbe dietro l’ordinazione di un caffè al bar? La prossima candidatura quale sarà, il rito di birra e taralli sugli scogli a Mergellina? L’UNESCO non è mica una pizzeria, dove chiunque entra e si accomoda”.

Queste le parole, dure, di Angeloni, che però vengono smentite dall’approvazione dell’arte del Basilico sulla pizza come patrimonio UNESCO. Attendiamo reazioni, intanto lanciamo l’hashtag #ionunescodapizzaunesco

Questo articolo fa parte del nostro coverage speciale dedicato al 1 aprile 2021

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