50 Top Pizza 2022: cosa ha funzionato e cosa molto meno
Torniamo a parlare della classifica che si propone di eleggere le pizzerie migliori di Italia e del Mondo
Rubrica di Antonio Fucito — 2 anni fa
Da super estimatori di pizza, con un occhio su tutto quanto concerne questo mondo e in barba a prese di posizione, eccoci a parlare di 50 Top Pizza 2022, l’ultima edizione della classifica delle migliori pizzerie italiane e del mondo firmata da Barbara Guerra, Albert Sapere e Luciano Pignataro.
Trovate vincitori, premi speciali e tutto quello che c’è da sapere a questo indirizzo; in ogni caso la classifica italiana ha confermato ancora una volta al primo posto la pizzeria di Francesco Martucci, ovvero i Masanielli.
Dal Teatro Mercadante di Napoli si è tenuta la diretta a reti unificate su Facebook e Instagram, dedicata all’elezione della migliore pizzeria italiana, secondo i principi che caratterizzano la guida, orientati non solo sulla qualità della pizza stessa, ma anche su atmosfera, accoglienza, carta degli alcolici e così via.
Per qualche minuto, durante la visione, sono rimasto contento dal confinamento di tale classifica al suolo italiano, senza slanci di superiorità nell’estendere i vincitori in automatico al ruolo di migliori pizzerie al mondo. Tuttavia la delusione ha fatto di nuovo capolino in seguito all’annuncio di una classifica mondiale che verrà stilata a inizio settembre, nella quale verranno messi insieme i primi classificati di ciascuna area mondiale. Dal mio punto di vista mancano delle fondamenta solide nel giudizio, così com’è strutturato, ovvero attraverso il lavoro di ispettori anonimi sparsi per il globo che compilano schede e vengono supervisionati da responsabili di zona, i quali giocoforza hanno gusti differenti e soprattutto sono impossibilitati a provare tutto nello stesso periodo.
Se dovessi scommettere cinque euro, ad ogni modo, credo che al primo posto troveremo ancora i Masanielli, mentre magari 50 Kalò, posizionatasi al secondo posto nel Bel Paese, potrebbero scalare di qualche posizione per fare posto a qualche altro Paese e far felice qualche realtà all’estero.
Rimango come lo scorso anno del parere che sarebbe opportuno limitarsi a ciascuna nazione, definendo magari la premiazione italiana come quella più importante, per ragioni ‘storiche’ e di paternità della classifica stessa. Ah, sia chiaro che in ottica di promozione e rassegna stampa, fa molto più comodo raccontarla nella forma attuale e anzi aggiungere ancora un nuovo evento per far perdurare la comunicazione.
Aumentano dunque il numero dei riconoscimenti, le pizzerie eccellenti, i premi speciali, le categorie in grado di accontentare un po’ tutti: la percezione è che se non sei presente quest’anno in guida da qualche parte, devi essere stato proprio sfigato. È pur vero che in Italia ci sono oltre 100.000 pizzerie e non ci sono ispettori anonimi per visitarle tutte (ma nemmeno il 10%, ndr) ma bene o male tra consigli di colleghi, altre classifiche, recensioni di testate autorevoli e chi ne ha più ne metta, si riesce quantomeno a fotografare lo stato di una buona parte di quelle che contano.
Quest’anno vorrei andare su valutazioni più personali, esprimendo come sempre e innanzitutto il mio disaccordo circa la scelta dell’anonimato invece che della firma e della presa di responsabilità quando si dà un consiglio su dove e cosa mangiare, così come sulle classifiche in luogo di selezioni paritetiche per premiare la qualità di chi lavora bene o di chi merita un’attenzione speciale o un po’ di visibilità.
Sia ben chiaro, in un contesto mediatico sano ci stanno benissimo, sono un gioco che permette di passare il tempo, diventano obiettivi per i quali “battersi” e attribuire il merito anche a tutta la propria filiera. In un contesto sano, appunto, che purtroppo nel mondo Pizza spesso sembra essere fuori portata: non avete idea di quante scaramucce, fazioni e altri bisticci si scatenino nel sottobosco pizzificato, dove non ci si fa problemi a ostentare il proprio successo oppure viceversa rosicare perché “quell’altro non è più bravo di me, ha le amicizie, usa i prodotti x” o altro ancora.
Per fortuna tali dinamiche hanno spesso una presa pari a zero verso i clienti, un po’ come le stesse scaramucce che quotidianamente avvengono sui social in generale, con la scelta di molti di impiegare (buttare) il proprio tempo libero su cose assolutamente inutili. In tale contesto e con succitate premesse è complesso arrovellarsi pesantemente su chi sale, chi scende, chi meritava di più e così via, ma qualche eccezione quest’anno mi sento di farla.
Qualche esempio a rappresentare tutti: non c’è traccia da nessuna parte de iQuintili (che noi abbiamo provato qua), che forse e dico forse (non ho riscontri) oramai viene considerata come catena, ma non compare nemmeno lì in posizioni premiate e sono sicuro trova in disaccordo parecchi abitanti di Roma.
Oppure l’assenza di Giolina nella Top 100, quando a Milano è indubbiamente tra le più apprezzate per prodotto, accoglienza e carta degli alcolici.
Poi l’esempio madre di tutti, legato a Pepe in Grani (qui la scheda della Pizzeria) che da vincitore delle prime edizioni, inesorabilmente e come da previsione (siamo abbastanza bravi ad indovinare) sta scendendo man mano di posizioni.
L’assenza di Franco Pepe sul palco o in collegamento nelle ultime edizioni potrebbe far presupporre a cose che non sappiamo (e che non possiamo verificare, ne ci interessa francamente) ma cozza un po’ col processo di crescita che ha avuto la pizzeria in accoglienza, carta degli alcolici e posizionamento, ovvero cozza con diversi principi della guida.
Un’altra cosa curiosa l’ho riscontata nel nuovo premio denominato “Benemerito della Pizza 2022”, assegnato ad Enzo Coccia, Gabriele Bonci e Simone Padoan per aver cambiato la storia della pizza nelle loro rispettive categorie.
Ebbene, bisogna segnalare che a maggio, qualche mese prima, la guida Espresso ha lanciato un premio denominato “La Pizza d’oro” a quattro pizzaioli che hanno contrassegnato la loro evoluzione con delle tappe e dei traguardi importanti:
Franco Pepe è stato colui che per primo ha intercettato i trend della pizza e del modo di intendere la pizzeria trasformando un locale di famiglia in un luogo in cui si viene da tutto il mondo per visitarlo;
Enzo Coccia perché ha innovato la pizza tradizionale napoleletana utilizzando materie prime di alta qualità e quindi affrancandola dalla pizza che era di tradizione;
Gabriele Bonci per tutta la ricerca fatta sulle lievitazioni all’interno della pizza romana e all’abbinamento con i prodotti di grandi materie prime;
Simone Padoan in quanto è stato uno dei primi ad intendere la pizza come sperimentazione di alta cucina ragionando contemporaneamente sia sulle lievitazioni che sulle cotture e sui topping.
Il nome del premio di 50 Top Pizza è differente, i presupposti molto simili, l’assenza di Franco Pepe mi fa giungere ad una domanda: che ha combinato il pizzaiolo di Caiazzo per meritare tale risultato? 🙂
Dulcis in fundo, analizziamo la struttura di una classifica dal grande riscontro giornalistico, ancora con un basso appeal verso quello che per me dovrebbe rappresentare il cuore principale, il cliente, poiché un po’ troppo arrovellata sul voler essere argomento di discussione e competizione per le pizzerie.
Le dirette sono state seguite da circa 1500 persone in contemporanea tra tutti i canali, con pochi commenti a supporto se non da parte dei diretti interessati; il lavoro sui social sembra essersi quasi fermato, dopo l’aumento spropositato dello scorso anno dei follower, e con engagment rate sotto all’1%, come da grafico allegato. Bisogna fare ancora tanto lavoro organico e genuino per diventare una classifica di importanza per il cliente ovvero per colui che visita appunto le pizzerie.
Vediamo cosa succederà a settembre, poi nella prossima edizione: classifiche come queste al di là delle autocelebrazioni rappresentano un piacevole contorno, possono amplificare il messaggio e muovere ulteriori maestranze ma se deve diventare motivo di supponenza o di “depressione”, è meglio concentrarsi su altro, ancora di più dopo questi tre anni che dovrebbero averci insegnato un bel po’ di cose forse, ahimè, già dimenticate.