Quale pizza ci sarà? Intervista a Franco Pepe di Pepe in Grani
"Il patto di alleanza con il cliente sarà fondamentale per affrontare il virus e godere di una buona pizza" dice Franco Pepe, ultimo ospite della nostra rubrica
Rubrica di Nunzia Clemente — 4 anni fa
Quale pizza ci sarà? Oppure, per meglio dire, quale pizza abbiamo ora? In tanti abbiamo già provato l’esperienza della prima volta in pizzeria dopo il blocco imposto dall’epidemia di Covid-19. Altri, stanno rimettendo a punto alcuni dettagli per una partenza al meglio.
Per la puntata finale della rubrica Quale pizza ci sarà, ho fatto una lunga chiacchierata con un pizzaiolo che della concretezza ha fatto un cavallo di battaglia. Franco Pepe, con la sua pizzeria Pepe in Grani ed i suoi progetti in giro per il mondo (l’Albereta, Kytaly a Ginevra ed Hong Kong) ha rivoluzionato il concetto del mondo pizza sin dal 2012 mettendo al centro i temi di accoglienza e ricerca gastronomica.
Non da meno, parlare di Pepe in Grani è parlare di un intero territorio, o per meglio dire, di territori: Caiazzo, borgo medievale dell’alto casertano non è un “caso limite” nel mondo della ristorazione. Nel 2018, l’Italia ha visto un anno record, con ben 30 miliardi spesi nel nostro Paese andando alla ricerca di eccellenze, tavole “sconosciute” e valide, affiancando ad esse esperienze di viaggio. La situazione, durante la seconda fase di co-abitazione con il virus, sicuramente sarà molto diversa. Ci sarà da aspettarsi un sicuro turismo di prossimità: in questo turismo, la pizza può giocare un ruolo fondamentale. Alimento completo, dal costo spesso contenuto, può essere mangiata praticamente ovunque e – con i dovuti accorgimenti – praticamente tutti possono mangiarla, anche persone con patologie che di norma impediscono l’assunzione di tale alimento.
E’ ancora tutto da vedere, insomma: Pepe in Grani, a Caiazzo, riaprirà le porte il 2 giugno 2020. Di una cosa, Franco Pepe è sicuro: dal 2012 al 2020 c’è stato un percorso; dal 2 giugno 2020 in poi, ce ne sarà un altro.
Ciao Franco! Che mondo ci lasciamo alle spalle, per quanto riguarda la pizza?
Proprio oggi (ndr, l’intervista risale al 25 maggio 2020) ho fatto una riunione in videochiamata con i miei 43 ragazzi; una parte di loro mi ha seguito sempre nelle varie iniziative che ho portato avanti in queste settimane. Ho detto loro di considerare l’8 marzo come il giorno di chiusura di un percorso ed il prossimo 2 giugno come il giorno inaugurale di un percorso nuovo. Ci sarà un approccio diverso: dal 2012 al 2020 per Pepe in Grani è stato un percorso spontaneo, in crescita, basato sull’accoglienza e la ricerca; oggi non possiamo permetterci errori, dobbiamo essere ancora più responsabili e professionali di prima.
Quindi, che epoca dobbiamo aspettarci? Insomma, quale pizza ci sarà?
La certezza è una sola: non possiamo dare un “riavvio” che abbia ancora il sapore del percorso che abbiamo concluso. Provo a spiegarmi meglio: fino a marzo 2020 quando si parlava di Pepe in grani si davano poche risposte, ma sempre basate sulle stesse impressioni: da Pepe in Grani si mangia una buona pizza, ma la fila è interminabile. Una ripartenza non poteva essere basata sulla stessa condizione di chiusura, per diversi motivi. Innanzitutto: il virus non è stato sconfitto ma ora è necessario conviverci nella maniera più sicura possibile. Per questo, oltre ai miei progetti solidali, il mio pensiero è stato salvaguardare i 43 posti di lavoro dei miei ragazzi. Ci saranno più turnazioni, orari più lunghi, consulenze estive dove i miei collaboratori andranno come “in palestra” e soprattutto non ci sarà più la chiusura settimanale.
Come cambierà la sala e l’approccio ad essa?
Abbiamo progettato le sale per avere 90 coperti totali, garantendo ben più del metro di distanza ed evitando assolutamente il plexiglas. Il cliente che viene a mangiare la pizza da Pepe in Grani deve trovare le stesse condizioni di accoglienza e di premura che ci hanno sempre caratterizzato, non un locale trasformato dal Covid. Anzi, ti dirò di più: vorrei che il cliente, entrando da me, si dimentichi del virus. Secondo me, se tu ristoratore hai il cliente “ingabbiato” dal plexiglas, questo ci penserà sempre. Se invece lo circondi di sicurezza e personale preparato, doni anche una seppur minima possibilità che il tuo cliente si rilassi ed almeno per un po’, il tempo di una pizza, non ci pensi.
E’ nei miei piani utilizzare tutti gli spazi di Pepe In Grani: abbiamo allestito anche qualche tavolo in giardino, per chi ne farà espressamente richiesta.
Inoltre, la nostra filosofia si basa anche sulla responsabilizzazione del cliente: per questo, a tavola, faremo trovare Il patto di alleanza con il cliente: una sorta di “contratto” dove il cliente si sentirà “coinvolto” nel processo di degustazione di una buona pizza e nelle norme di sicurezza. Soltanto insieme possiamo uscire fuori da questo brutto periodo di distanze e costrizioni, per questo è importante far sentire coinvolto il cliente. Ti faccio un esempio: le posate sporche potrebbero essere veicolo di contagio, tutta la fase di sbarazzo tavolo in realtà è un potenziale rischio. Nel patto di alleanza, chiederemo al cliente di riporre le posate nel sacchetto monouso a fine pasto, in modo tale da ridurre i rischi per tutti.
Le toilette avranno dei segnalatori e si potrà accedere una persona per volta; inoltre, una persona adeguatamente formata sanificherà i servizi ed apporrà bollini di avvenuta sanificazione con data ed orario. Stiamo lavorando anche per una seconda uscita o entrata della pizzeria, in modo tale da ridistribuire il flusso in pizzeria ma anche nel vicolo.
Per quanto riguarda le prenotazioni, invece? Come ci si organizzerà?
Avevo messo in conto ed anche comunicato nei mesi scorsi l’idea di distribuire le prenotazioni in tre fasce: ci ho pensato bene e devo smentirmi, non va bene così. Non va bene né per la filosofia di Pepe in grani (da noi, il cliente spesso sceglie formule di degustazione che non possono avere un tempo definito, ma chiederemo al cliente di rendersi conto del tempo “giusto”), né per la conformazione dei vicoli di Caiazzo. Si creerebbero dei flussi in determinati orari, in entrata ed in uscita, che comunque non riusciremmo a gestire bene nello spazio antistante la pizzeria. Quindi, prenderemo ordinazioni telefoniche per le sale con maggiore affluenza, dove potremo “giocare” meglio con la distribuzione oraria. Le prenotazioni via app e sito saranno valide invece per la sala degustazione, per il Belvedere e per il giardino.
Cosa dobbiamo aspettarci dal nuovo menu di Pepe in Grani?
Attualmente, sto lavorando su quattro menu differenti: il menu classico delle pizze al tavolo (tra le sempre presenti e le stagionali), il menu funzionale, il menu d’asporto che a sua volta si divide in asporto classico ed asporto “al cartoccio”.
Vorrei concentrarmi e spiegare due di questi menu a cui tengo particolarmente. Partiamo dal menu funzionale: abbiamo sempre creduto che mangiare bene fosse una condizione fondamentale per vivere bene e l’epidemia di Covid sembra dimostrare che condizioni già precarie di salute (diabete, ipertensione) siano un plus che favorisce l’insorgere della malattia. Il menu funzionale, basato sui dettami della Dieta Mediterranea (la pizza del menu funzionale presenta un panetto di dimensioni ridotte ed è accompagnato da un piatto di verdure “complementari”, ndr) sarà un alleato insostituibile in questa fase.
L’altro menu di cui voglio parlare è quello delle pizze d’asporto “a cartoccio”: negli anni Settanta, la pizza da portar via spesso non veniva messa nel cartone ma “arrotolata” e messa in un foglio di carta da alimenti. Ecco, ho individuato alcune pizze che potranno essere da asporto esattamente in questo modo. Per l’asporto, ho pensato anche ad un’area a valle dove le persone potranno aspettare la consegna della propria pizza d’asporto, tipo un drive in. Invece, per chi deciderà di consumarla in paese, stiamo pensando a dei punti d’appoggio in luoghi storici, per promuovere ulteriormente il turismo.
Possiamo dire che Pepe in Grani è legato a Caiazzo almeno quanto Caiazzo è legato a Pepe in Grani: da anni ormai questo piccolo borgo dell’alto casertano è meta di turismo gastronomico. Come cambierà questo rapporto?
C’è molta sinergia con l’amministrazione di Caiazzo, stiamo pensando a molte attività da fare per il paese, per continuare il bel percorso di turismo che si era iniziato. Vogliamo promuovere ed invogliare le persone a venire qui, abbiamo tutte le carte in regola per essere un’ottima alternativa alla città, che talvolta può essere troppo trafficata e disincentivare le persone dall’uscita.
Stiamo pensando anche di offrire un percorso sicuro per permettere di visitare Caiazzo, oltre i già citati punti di appoggio per consumare le pizze d’asporto, magari in luoghi di interesse storico oppure con un bel panorama. Penso che le persone avranno molti motivi per venire a Caiazzo.
Parliamo del tuo rapporto con la filiera agroalimentare. Hai sempre avuto contatti diretti con i coltivatori e le piccole aziende del tuo territorio. Questo rapporto, come si evolverà?
La filiera agroalimentare è in crisi, non possiamo girarci intorno. Prima della pandemia, la media nella mia pizzeria era di circa 700 pizze al giorno, con picchi di 1000: questi numeri mi permettevano di acquistare anche intere produzioni dai coltivatori, assicurando loro un guadagno immediato e certo. Ad oggi, nella più rosea delle previsioni, prevediamo di fare 400 pizze al giorno. Inevitabilmente, questo “calo” si ripercuoterà anche su di loro, anche se è tutto ancora in itinere.
Quello che abbiamo riscontrato è un aumento delle materie prime: ma mi sento di dire che mangiare la mia pizza non costerà il doppio. Pagando un euro in più, tanto per dire, su ogni chilo di merce, significa “accettare” e sostenere il coltivatore e l’azienda agricola che affrontano anch’essi un periodo di certo non buono. Ma sulla pizza, il cliente potrebbe vedere soltanto piccoli ritocchi di prezzo, niente di sconvolgente.
Ci siamo confrontati a lungo anche con le aziende agroalimentari dalle quali mi rifornisco, che sono quasi tutte dell’alto casertano: per far conoscere le eccellenze, ci sarebbe l’idea di un paniere di prodotti della zona, ma siamo ancora alle fasi iniziali del progetto.
Lasciaci un messaggio per i tuoi colleghi, ma anche per i tuoi clienti!
Fino ad ora, il mondo è stato diverso e diviso: durante le settimane di lockdown abbiamo avuto modo di vedere che un modo di collaborare diverso esiste e dobbiamo continuare su questo percorso. Soltanto tutti insieme possiamo “spingere” verso un miglioramento vero e duraturo.