Come la Pizza fatta in Casa mi ha salvato nel periodo del Covid

un interesse teorico poi diventato passione, in un momento difficile

Rubrica di Filippo Melillo — 3 anni fa

Ciao! Mi chiamo Filippo, appassionato di pizza da tempo e da poco mi cimento nella pizza fatta in casa; sia per la suddetta passione sia perché, ahimè, il periodo attuale non ci permette di poterla mangiare facilmente altrove.
Devo dire che le mie prime esperienze con la pizza fatta in casa risalgono ad un paio di anni fa, quando il Covid era solo una cosa da film pseudo apocalittico. Ed ero spinto dalla voglia di conoscere quel prodotto, inizialmente in ambito quasi solo esclusivamente teorico perché ho studiato biologia e ho un approccio molto pragmatico e critico nei confronti di ogni cosa.
Così è stato per la pizza: volevo conoscerla, entrarci dentro, prima con la mente e poi con le mani.

In maniera estremamente paradossale, prima di cominciare concretamente a fare la pizza, ho passato un periodo a studiarla nei suoi elementi: la farina, le tipologie della stessa, la forza, le proteine, i processi enzimatici, i prodotti della fermentazione e della digestione enzimatica e tanti altri termini molto altisonanti ma che tutto sommato, nella realizzazione della pizza “homemade”, servono in maniera estremamente relativa.

Ho sentito quindi l’esigenza di cominciare.

Iniziando ad impastare a mano, senza strumenti, senza manualità; ma con l’aiuto di qualche persona che mi ha gentilmente offerto una mano (come Michael Pelizza o Gianluca Fortunato).
Ho tentato e ritentato. Ho fallito diverse volte, ed ho realizzato che la conoscenza della materia prima è sì importantissima, ma da sola non basta; e che dalla teoria alla pratica c’è un vero e proprio abisso.

Ad onor del vero mi sono avvicinato in maniera più viscerale alla pizza nell’ultimo anno (2020); quello in cui, purtroppo e per fortuna, abbiamo avuto molto più tempo per fare e pensare.
Chi come me ha subito eventi depressivi proprio durante tale anno, aveva necessità di fare qualcosa; non si può stare in solitudine, fermi, inermi, in uno stato di malattia psicologica così acuta specie se ad essa è associato un periodo di chiusura totale e di solitudine.
Ho dovuto, all’inizio quasi per costringermi a fare qualcosa e non mollare, evitare di cadere in quel vortice di oscurità da cui non so se sarei riuscito ad uscire.

Ho studiato, ancora di più. Ho impastato tanto, ho fallito ancora; ma i risultati cominciavano ad arrivare. Ho investito su questa passione acquistando una impastatrice di un livello accettabile, un forno capace di arrivare alle temperature ideali per la cottura di tale prodotto.
Le soddisfazioni cominciarono ad arrivare ed ancora oggi arrivano.
La mia fame di conoscenza mi fa essere felice del prodotto ottenuto, ma allo stesso tempo voglioso di apprendere di più, di migliorarmi sempre.
Ancora oggi vedo chi è meglio di me e vengo pervaso da un senso di (sana) competizione.

In questo post vi lascio qualche foto per mostrarvi il mio “percorso” di apprendimento di questi due anni, assieme ad un messaggio:
Non mollate. Ognuno di noi ha la forza dentro di sé per cercare e trovare la soluzione a qualunque cosa. Non fermatevi. Fate. Agite. Accettate. Se c’è qualcuno che ha potuto riconoscersi in alcune delle mie parole a loro vorrei dire: abbiate fiducia. Tutti hanno la forza per risollevarsi e ricominciare. Amate ed amatevi.

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